Turate (Como) 14 gennaio 2014 - Utenze telefoniche intestate a stranieri prestanome, cellulari abbandonati giorni prima del colpo, sostituiti da cabine telefoniche, nessun contatto tra i componenti della banda dopo la rapina in autostrada A9 del 7 aprile. I rapinatori che hanno assaltato i furgoni della Battistolli, e guadagnato un bottino da una decina di milioni di euro in lingotti d’oro, hanno usato tutte le accortezze dei migliori professionisti. Quasi tutte in realtà, perché un bigliettino strappato e lasciato a terra in un magazzino sfitto di Origgio, trovato dagli investigatori della Squadra Mobile di Como, ha permesso di arrivare fino a Giuseppe Dinardi, 50 anni, e Antonio Agresti, 42 anni, i due pugliesi residenti rispettivamente a Cologno Monzese e Adria, provincia di Bari, finiti ora in carcere con l’accusa di rapina aggravata in concorso.

Per arrivare a isolare i loro nomi, alla Squadra Mobile di Como hanno fatto un lavoro paziente di selezione di tutte le tracce telefoniche passate attraverso le celle delle reti cellulari nei giorni precedenti, riuscendo a creare una relazione dapprima tra i numeri trovati su quel bigliettino strappato, e poi sui reali utilizzatori di quei telefoni, le cui utenze erano state acquistate ufficialmente da cinesi e altri stranieri. Da qui, sono iniziate le intercettazioni telefoniche, ma anche una serie di altri accertamenti concentrati sui due arrestati, che ora sono in attesa dell’interrogatorio di garanzia nelle case circondariali di Monza e Trani. Il gip di Milano e Bari li sentiranno su rogatoria, ma appare scontato che dai due arriveranno ben poche ammissioni e una collaborazione nulla, perfettamente in linea con chi svolge questa professione ai livelli dimostrati dalla banda di Turate.

Prima di arrivare a passare al setaccio il deposito di Origgio dove è stato trovato l’appunto strappato e gettato a terra, lo stesso paziente lavoro di selezione delle immagini era stato fatto su tutte le telecamere individuate nella zona, delle quali erano state acquisite le immagini dei giorni precedenti la rapina, oltre che delle ore successive.  Non sapendo provenienza e destinazione delle auto utilizzate, ma nemmeno i modelli con cui la banda era scappata, custoditi in un deposito abbandonato accanto all’autostrada a Turate, era stato acquisito e visonato ogni filmato, preso nota di ogni modello di auto e degli orari del suo transito, per far scaturire la ricostruzione del tragitto da una serie minuziosa di incroci di dati. Fino ad arrivare al magazzino di Origgio, una struttura sfitta il cui utilizzo non è ancora noto se sia stato fatto in accordo con il proprietario, pagando un affitto con una scusa qualunque, o impropriamente.

A carico di Dinardi e Agresti ci sono una serie di elementi fortemente indiziari, circostanziati e messi in relazione con gli accadimenti del 7 aprile. Tuttavia, le relazioni con gli altri componenti della banda, sono ancora da ricostruire. Dalle perquisizioni fatte tra Lombardia e Puglia sabato, giorno dell’arresto dei due indagati, potrebbe essere emerso qualcosa di nuovo, ancora tutto da valutare e da mettere in relazione con quanto già nelle mani degli inquirenti. Nel frattempo, non è da escludere che i due arrestati possano essere trasferiti al Bassone, a diposizione degli inquirenti e del magistrato per eventuali interrogatori in aggiunta a quello di garanzia.