Lenno, 1 giugno 2013 - Giovanni Cocco, 37 anni, non fa parte dei «poeti laureati», come li chiamava sprezzante Eugenio Montale, né di quelli «con tutte stelle nella vita», come cantava più modestamente Loredana Bertè. Forse anche per questo a soli trentasei anni può giustamente considerarsi uno dei più promettenti scrittori italiani, talmente bravo da finire con la sua opera prima «La Caduta», all’interno della cinquina dei finalisti del Campiello. Decisamente un bel risultato per uno che nella sua biografia non ha problemi a scrivere che è stato cameriere, lavapiatti, imbianchino, operaio su tre turni, autista-fattorino, barista, litografo, crew di Mc Donald’s, letturista dei contatori, insegnante a domicilio, giornalista free-lance, venditore di enciclopedie e agente immobiliare. «Ho avuto anche altre esperienze se è per questo – scherza – ma per questioni di spazio non le ho inserite tutte». Poi quattro anni fa la scelta della vita.

«Ho deciso che volevo fare lo scrittore e anche a rischio di suscitare i commenti sarcastici di chi mi conosceva mi sono ritirato a Lenno. Dove ho iniziato quello è stato il lavoro più faticoso della mia vita». Sì perché la scrittura è un esercizio rigoroso che non ammette distrazioni. «Scrivo tutto il giorno – spiega – ma le pagine migliori arrivano la mattina. Quando mi sono ritirato a Lenno avevo in mente il libro della vita, un romanzo complesso che avevo sviluppato in un migliaio di pagine, ma non c’era nessun editore disposto a pubblicarlo. Allora ho seguito il consiglio della mia agente e l’ho spezzato in quattro storie. Così è nato “La Caduta” che ha convinto un editore coraggioso come Nutrimenti». La Caduta racconta gli sconvolgimenti che hanno segnato il primo decennio del nuovo secolo attraverso un impianto narrativo poderoso, ispirato alla Torah e al libro dell’Apocalisse e modellato sui cicli pittorici rinascimentali.

Un romanzo implacabile e trascinante, in cui il flusso della storia permea il destino degli individui, e ciascun personaggio condanna gli altri a pagare il prezzo delle proprie scelte, a espiare il castigo o a trovare la redenzione. E se il primo romanzo l’ha fatto finire direttamente tra i finalisti del Campiello la sua seconda opera, «Ombre sul lago - un giallo edito da Guanda solo un paio di mesi fa - lo sta rendendo famoso in tutto il mondo, grazie a una serie di tradizioni per importanti case editrici.
«É una sensazione bellissima – conclude – dopo tanta fatica i risultati iniziano ad arrivare. Ho tante idee in testa e mi sto godendo questo successo che mi è piovuto tra capo e collo. Dopo aver fatto mille lavori finalmente posso dire che quello dello scrittore è il mestiere più bello del mondo».

di Roberto Canali