Sormano, 29 dicembre 2012 – Il lavoro lo ha creato dal nulla, su misura per lei. Realizzando quello che aveva sempre voluto fare: la contadina. Anzi, per meglio dire, l’allevatrice. Così Anna Viganò si è lasciata alle spalle un lavoro in fabbrica, con orari precisi che scandivano le sue giornate, per passare, tre anni fa, ad allevare capre e produrre formaggio. Ora sono una cinquantina, con un solo maschio, ognuna con un nome: Faustina, Germana, Paola, Natalia, Sciarpetta con il pelo scuro sul collo e Biagia che quando rompe le corna è un po’ depressa, Cenerentola e Rosa…. Vivono in una stalla impeccabile, mangiano alimenti di prima qualità e nessuno forza la loro produzione del latte.

Ha acquistato una struttura che inizialmente era un ristorante, poi un’abitazione privata, e ora è diventata un’azienda agricola in cui si vendono formaggi di capra: ricotte, formaggelle, caprini. Non è cambiato molto in questi anni, e Anna Viganò ha potuto acquistare l’edificio a poche decine di metri dalla Colma di Sormano, senza fare grandi cambiamenti, già pronto ad accogliere il pubblico. Ha realizzato la stalla e il laboratorio, ricavato all’esterno uno spazio per le arnie che producono il miele millefiori da abbinare ai formaggi.


Come è cambiata la vita?

“E’ stata stravolta. Ora mi alzo alle 5 del mattino, lavoro dalle otto alle dodici ore al giorno e ne ricavo un reddito da sopravvivenza. Non ci si arricchisce con questo lavoro, anzi, si fa fatica, perché ci sono parecchie spese e i guadagni non sono mai elevati. Però sono qui, in mezzo alla natura, e penso di aver realizzato il sogno della mia vita. Non ho nemmeno messo le tende alle finestre di casa: in ogni momento, quando mi volto, voglio vedere il paesaggio che mi circonda”.


Il reddito dell’azienda è dato dalla vendita di formaggio: come si è fatta conoscere?

“Innanzi tutto sono sulla strada del Pian del Tivano, con tantissimo passaggio in primavere ed estate, ma fondamentale è stato il passaparola. Tutta la produzione di latte si trasforma in formaggio, e nulla rimane invenduto. Faccio poche varietà, a partire dalla ricotta che è il mio prodotto di punta. Potrei ottenere più latte dalle capre, ma non voglio forzare la loro produzione con alimentazioni eccessive. Mi va bene che seguano il loro ciclo naturale”.

In questo modo che latte fanno?

“Ha un sapore molto delicato. In molti dicono che il mio formaggio non puzza di capra, ed è vero: dipende dall’alimentazione curata e dal rispetto dei loro ritmi. Quest’anno la Regione Lombardia mi ha assegnato il riconoscimento di miglior latte di capra prodotto a livello regionale. Anche quando le devo curare, le capre ricevono solo rimedi omeopatici. In questo modo producono solo due o tre litri di latte al giorno, la metà di qualsiasi altra azienda, ma non sono stressate, e hanno una vita molto più lunga. Ho una capra che ha 14 anni e ancora viene munta regolarmente”.

Prospettive?

“Penso di aver raggiunto un buon equilibrio. Vorrei migliorarmi, essere più brava nel mio lavoro, ma questo è quello che voglio fare per il resto della vita. Anche la dimensione è giusta: è il ciclo che riesco a gestire, sia come numero di capre che come produzione. A volte non mi rimane nemmeno il tempo per mangiare, ma non me ne rendo conto…”.