Presa la medaglia resta l’onere di difenderla

Entusiasti, chi non s’è beato della vista di un muretto a secco girando l’Italia?

Milano, 1 dicembre 2018 - 

LETTERA

Detto che son contento del fatto che i muretti a secco siano stati inseriti nel patrimonio dell’umanità, mi chiedo quanto valga realmente questo riconoscimento e cosa cambia. Io associo queste opere all’agricoltura “eroica” in zone difficili, dove l’uomo doveva guadagnarsi centimetro per centimetro la terra da coltivare, da lombardo penso ai vigneti terrazzati della Valtellina ma ogni provincia, ogni regione italiana ha simili testimonianze. Ora che si fa? Come si decide quali sono veramente grandi opere e quali invece solo modeste testimonianze e soprattutto chi si prodigherà per mantenerli incentivando l’agricoltura eroica o passata la festa si penserà ad altro? Roberto, Pavia

RISPOSTA

Entusiasti, chi non s’è beato della vista di un muretto a secco girando l’Italia? Penso pochi, perché queste opere d’ingegno e fatica sono un po’ presenti ovunque. Che l’Unesco le abbia riconosciute patrimonio dell’umanità è sicuramente un bel risultato, che cosa cambi a festeggiamenti terminati resta tutto da dimostrare. Vero che a questo punto ogni anno una commissione verificherà lo stato di salute di questo bene e che potrà chiedere interventi di salvaguardia arrivando anche a disporre fondi, se necessario, per gli interventi (forse è per questo che si esulta...), ma è altrettanto vero che tutto dipende poi dalla sensibilità di chi governa il territorio e di chi ci vive mantenerli in buono stato. Senza fare valutazioni sui criteri che si adottano per decidere se un paesaggio, un bene naturale, un centro storico o altro siano meritevoli di entrare nell’elenco o no resta sempre il retrogusto di medaglie di legno. Riconoscimenti che vengono dati, tengono in vita commissioni che si riuniscono a decidere alle Mauritius e poi restano lì, inerti. ivano.costa@ilgiorno.net