Entrare in classe vestiti come si deve è un dovere

"A scuola si va sostanzialmente per due ragioni: una è studiare, l’altra è crescere"

Milano, 18 maggio 2018 - 

LETTERA

CARO DIRETTORE, adesso anche una scuola di Crema ha deciso di non tollerare più che gli studenti si vestano come meglio credono. Bandite le superminigonne, le short, le infradito. Vietati tanti altri capi di abbigliamento. Però io penso che, soprattutto a una certa età, il vestito faccia il monaco. Ovvero che anche gli abiti servano a definire la personalità di un ragazzo che si sta aprendo al mondo. Per questo l’unico limite che porrei è quello della decenza. E non starei a imporre chissà quali altre regole. Giovanna G., Lodi

RISPOSTA

SE C’È QUALCOSA che fatico a comprendere è proprio questo: perché un qualsiasi sconosciuto e ininfluente circolo del tennis e una qualsiasi associazione culturale possano imporre serenamente il loro dress code (termine tristemente balzato all’onore della cronaca per ben altre vicende) e perché, al contrario, ogni consiglio di stile dispensato da un parroco o da un preside debba essere considerato un’intromissione, un’ingerenza, una forzatura. A scuola si va sostanzialmente per due ragioni: una è studiare, l’altra è crescere. Non credo dunque ci sia nulla di male nel chiedere ai ragazzi di presentarsi a lezione vestiti in un certo modo, nel far sì che i pantaloni coprano e non ostentino gli slip, nel chiedere che i tessuti non siano stracciati e le scarpe non siano esageratamente consumate. In fondo anche la sobrietà è uno stile. E va insegnato. sandro.neri@ilgiorno.net