Robot al lavoro. E per l’uomo? Una sfida etica

La realtà è complessa e siamo solo all’inizio

Milano, 26 aprile 2018 - 

LETTERA

 Mi chiedo, ma tutta questa spinta verso l’automazione e l’utilizzo di robot “intelligenti” nei processi produttivi, a quale livello relegherà l’uomo? Al di là di visioni da fantascienza, credo che per una vasta fascia che oggi trova impiego in mansioni ripetitive e che non richiedono specializzazione si aprirà un grave problema. Se è vero che questo processo di modernizzazione porterà a diverse opportunità, è altrettanto vero che si rischia di creare nuove fasce deboli. Anna, Milano

RISPOSTA

La realtà è complessa e siamo solo all’inizio. Non si riduce alla necessità di trovare un paladino che difenda l’umanità dai robot quanto nell’esigenza di trovare istituzioni e governi capaci di affrontare e appunto “governare” l’avanzata delle macchine nel mondo del lavoro. Per ora siamo ai primi passi, ma è altrettanto vero che il problema va affrontato e che i posti a rischio sono quelli legati alle mansioni ripetitive, quelle che possono essere replicate all’infinito e con più velocità da un software. Tutto questo si tradurrà in una produttività maggiore e migliore? Dicono di sì, ma è altrettanto vero che se non si troverà il modo di garantire un pari aumento dei consumi il sistema salta. E qui rispunta un tema vecchio quanto il processo di industrializzazione: la ridistribuzione del reddito e, soprattutto, la formazione del personale a nuove mansioni perché sarà chiamato a impieghi sempre più “creativi” e di servizio se non vorrà soccombere. Un bivio etico non facile da affrontare per l’umanità. ivano.costa@ilgiorno.net