Risorse sprecate

Aiuti europei per l'economia digitale: ecco perchè non usufruirne sarebbe un doppio danno

Milano, 25 giugno 2019 - La trasformazione digitale dell’economia italiana potrebbe giovarsi di cospicui aiuti finanziari europei, ma negli ultimi anni chi avrebbe potuto chiederli non lo ha fatto o lo ha fatto male. Alla fine del mese di aprile, sui 3,1 miliardi di euro di fondi Ue destinati all’Italia per l’Obiettivo 2, ossia Ict e Agenda digitale, il nostro Paese aveva presentato 16.586 progetti per 2,1 miliardi di euro. Di questi, il 66% è ancora in corso ed è a rischio di cancellazione tra 18 mesi, mentre solo il 14% è stato concluso, per un ammontare di 686 milioni di euro. Dei 16.586 progetti presentati, uno su cinque non è stato nemmeno avviato. Inoltre, degli 11,5 miliardi che si sarebbero dovuti attivare in Italia attraverso il piano settennale anche attingendo ad altri capitoli come Ricerca e Innovazione, Competitività, Occupazione o rafforzamento della P.a., i fondi erogati non superano il 3,6%. Sono i dati di uno studio di Confindustria Digitale che si è fatta promotrice di una collaborazione tra Dipartimento della Funzione Pubblica, Agenzia per la Coesione e Team Digitale della Presidenza del Consiglio.

«Spreco doppio perché quei soldi non spesi significano da una parte investimenti non fatti e, dall’altra, vista la loro destinazione a produrre la trasformazione digitale del Paese, un danno ancora peggiore in termini di mancata crescita economica», evidenzia Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale, che aggiunge: «Abbiamo peraltro scoperto che esistono altri 14 milioni per l’Anagrafe nazionale della popolazione residente, che è uno dei più importanti e cruciali piani nazionali per il digitale. Non sprechiamoli».

Il 16 luglio Confindustria digitale presenterà un piano strategico preparato per recuperare il gap sul digitale da inserire nella prossima legge di Stabilità, affinché accanto ai tagli di spesa ci siano anche interventi strutturali e di ampio respiro, in grado di migliorare il rapporto debito/pil sul versante della crescita. Il Piano chiede di incardinare la digitalizzazione in un Dipartimento permanente della Presidenza del Consiglio. Non dovrebbe trattarsi dell’ennesimo apparato pletorico e burocratizzato, bensì del motore di un dialogo permanente tra i vari soggetti interessati agli interventi di trasformazione digitale, dai ministeri agli enti locali.