Quando il portiere è davvero il “numero uno”

Sin da giovanissimi si impara quanto sia dura la vita del portiere, ruolo sempre in ombra, che non concede sconti al minimo sbaglio

DOMANDA:

HA QUASI dell’incredibile il veleno che si è profuso al rigore sbagliato da Messi. Capisco che un calciatore superpagato possa dare motivi di invidia, ma tanto livore e sarcasmo per un tiro sbagliato mi sembra fuori luogo. Così come mi sembra basata sul nulla la considerazione che il calcio non fa differenze, che bisogna riscoprire la vera essenza dello sport e piantarla col riempire di soldi i giocatori. La verità è che il portiere islandese ha avuto una felice intuizione, il resto sono biliosi bla bla. Rocco, Bergamo

RISPOSTA:

CHI DA PICCOLO non si è visto costretto a stare in porta perché i compagni di gioco erano più bravi a calcio alzi la mano. Sin da giovanissimi si impara quanto sia dura la vita del portiere, ruolo sempre in ombra, che non concede sconti al minimo sbaglio. Per cento goleador entrati nella storia si possono contare sulle dita di due mani, forse, i “numeri uno” che hanno avuto fama. Perché anche quando accade che un “estremo difensore” pari un gol ormai fatto si finisca col dare demerito all’attaccante. Così è stato per il rigore di Messi, a pararglielo un islandese che per vivere non fa l’aquila tra i pali, ma il videomaker. Impietosi e velenosi i commenti e i titoli sull’argentino. E il bravo Halldorsson, un bel titolone su di lui, solo su di lui, no? Merita anche lui un po’ di gloria dal campo. ivano.costa@ilgiorno.net