Siamo i primi custodi della nostra privacy: pensiamoci sempre

Ogni volta che scarichiamo un’app sul telefonino o un software sul computer, dovremmo porci una serie di domande

DOMANDA:

Caro direttore, possibile che sia davvero così difficile proteggere i nostri dati personali? Penso a quel che sta succedendo in queste ore attorno a Facebook, con milioni di persone che hanno inconsapevolmente offerto una parte di sé a società che si occupavano di vigorosissime campagne di marketing o, peggio ancora, di propaganda politica. Il digitale ci ha spalancato molte porte, ma ci sta facendo conoscere anche diversi pericoli. Martina G., Milano

RISPOSTA:

Chiaramente i primi custodi dei nostri dati siamo noi stessi. E, ogni volta che scarichiamo un’app sul telefonino o un software sul computer, secondo me dovremmo porci una serie di domande: a chi giova, chi ci guadagna, perché mi stanno offrendo questo programma gratis? La consapevolezza, infatti, è la prima arma di difesa contro chi è troppo invadente. Può bastare? Sicuramente no. E sicuramente, come in ogni altra attività umana (il commercio, l’industria, l’informazione, i servizi) anche per le attività digitali serve un sistema che comprenda regole e sanzioni. Servono norme chiare, chiarissime, su chi e come può collezionare i nostri dati, e con che scopo. E quando lo scopo diventa diverso da quello dichiarato, devono subito scattare provvedimenti severi. sandro.neri@ilgiorno.net