Pernigotti, una storia finita male

Ennesimo effetto della delocalizzazione, già antipatica come parola, devastante negli effetti economici

Milano, 8 novembre 2018 - 

LETTERA

L'Italia ha perso un altro marchio storico. In un settore che dicono essere il vanto del nostro paese. Sarà, ma la chiusura della Pernigotti non è un bel segnale. Anzi, è l’ennesimo, pessimo segnale. Quando certi marchi finiscono in mani straniere vengono tenuti in vita lo stretto necessario per fare business se il volume d’affari cala, il taglio viene deciso a cuor leggero perché manca il senso della storia. Mi spiace per i dipendenti, mi spiace per un prodotto che di italiano avrà solo il nome. Sante, Pavia

 RISPOSTA

L'amaro in bocca. Come un fulmine a ciel sereno è arrivata la notizia: chiude Pernigotti. Resta il marchio, ma Novi non rifornirà più le famiglie italiane di gianduiotti. Delizia forse antica, ma sempre unica. Chi non ha assaggiato almeno un gianduiotto alzi la mano, per me era il premio di nonna (a volte dato inconsapevolmente perché espropriavo da goloso il vassoio dei dolcetti sulla credenza). È un marchio che ha accompagnato la storia degli italiani dal 1860, ora resterà un nome ma il gianduia è piemontese, fuori da quel confine non può essere lo stesso. Ma non è solo questione di gola, a perderci sono le cento famiglie di dipendenti che dall’oggi al domani si sono trovati fuori un cancello con la sola promessa di essere ricollocati e soprattutto l’ennesimo effetto della delocalizzazione, già antipatica come parola, devastante negli effetti economici. ivano.costa@ilgiorno.net​