Il partito è servito

Metti una sera a cena, poi da cosa nasce cosa

Milano, 17 settembre 2018 - Metti una sera a cena, poi da cosa nasce cosa. Un bicchiere di vino, la pasta al dente impiattata come Masterchef comanda, un secondo leggero... ti piacciono le verdure? E magari il gelato finale, se resta il tempo tra slanci, confessioni, silenzi, risate, discese ardite e risalite nell’entusiasmo dell’alcol e dei sapori. Ciò che vale per le relazioni umane, vale anche per le relazioni politiche. Ben più pericolose. Calenda fa l’invito ufficiale: Renzi, Minniti e Gentiloni, vediamoci martedì sera a cena a casa mia. Rispondetemi in privato. Rsvp. Piatto forte della serata il futuro Pd: il partito è servito. Roba da stomaci forti. Ma d’altronde... Quanti governi, patti, alleanze, tradimenti, giravolte, guerre e paci si sono decise attorno al desco? Così fan tutti, il cibo e il vino riducono le inibizioni. E la politica, per esaltare il meglio di sé, ha bisogno di scrollarsi di dosso pregiudizi e tabù. La tavola spazza via ruggini e sensi di colpa; stempera, distende, placa, pennella con una patina di amicizia i legni che le temperie hanno indurito. È la politica, bellezza. Non apparecchiamo sovrastrutture etiche. Nei banchetti del Rinascimento duchi, conti e signori ricamavano alleanze e matrimoni: tra politica e passione c’è un legame. Cervello e stomaco sono più vicini di quanto voglia celare ogni morale costruita. Prendete Berlusconi e Bossi. Il Cavaliere, le ville, le belle donne. Il Senatùr in canottiera, ruspante, padano, sgangherato come l’italiano medio.

Dicevano: quei due non ci azzeccano. E invece le cene del lunedì a Villa San Martino saldano un’amicizia che dura ancora oggi. E così con Putin, Tremonti, finanche Salvini. Il menù era più o meno sempre lo stesso: risotto o penne tricolore, filetto al sangue con patate e vellutata di spinaci, gelato di fragola, fiordilatte e pistacchio. Con quegli ingredienti si è fatta l’Italia per anni. Il maestro di cerimonia era Gianni Letta. Magistrale il patto della crostata che provò a cementare la Bicamerale dalemiana. Giugno 1997. Nella casa romana di Letta si attavolano D’Alema, Franco Marini, Berlusconi e Fini. L’accordo sulle riforme arriva con il dolce: governo semipresidenziale, maggioritario a doppio turno e una fetta di torta. La crostata si sbriciolerà ben presto, ma non per colpa dei cuochi. Perché – Calenda se lo segni – è il dopo cena che fa la differenza. In politica come nella vita. Se non funziona, finisce che il più cinico si mette poi fischiettare in strada: eravamo quattro amici a cena, che volevano cambiare il mondo...