Milva, la voce nazional-popolare che ha attraversato il Novecento

Ha saputo interpretare la cultura alta e popolare, alternando canti della libertà e canzoni da cortile

Milva a Venezia nel 1972

Milva a Venezia nel 1972

La voce. Quella di tutti i giorni mentre ti fa accomodare per casa, dopo che Edith, la segretaria, ti aveva accompagnato da lei. Un’impronta educata, severa e sofferta. Perché Milva era qualcosa di più dell’interprete che aveva saputo attraversare il Novecento e la sua cultura alta e popolare, in ogni latitudine. Con grande magnitudine. Il timbro si addolcisce quando racconta della sua infanzia a Goro, di una povertà dignitosa e di una dignità battagliera. Delle sue prime serate in balera.  “Ero magrissima, sembravo ancora una bambina e mi vestivo di nero per sembrare più grande”. Lavoro duro, come quello delle mondine, ma lei è di pancia e di testa, come scoprirà dopo, quindi speciale. Lei vuole crescere e la Rai, la Fonit Cetra, le grandi manifestazioni canore sono state il suo solido ascensore esistenziale e professionale. Ma Milva cerca altro, uno spessore culturale, una consapevolezza diversa, non le basta il primo posto in hit parade con “Tango italiano”. Essere nei rotocalchi la Pantera di Goro. Sposa un regista colto e riservato, Maurizio Corgnati, si fa plasmare, conosce persone di un altro e alto livello.

Ha una figlia, Martina, che diventerà importante critica e curatrice d’arte. La notano in Francia e la portano all’Olympia, del resto Edith Piaf e “Milord” sono vicine al suo cuore. Battagliera nei fatti, alterna canzoni da cortile e canti della libertà a Sanremo, porta “Bella ciao” in repertorio. La rossa è rossa e con eleganza fiera lo canta. Mentre la sua vita privata la porta lontano, l’incontro con Strehler la fa crescere ancora e in pochi anni diventa l’attrice del Piccolo Teatro di Milano. Interpreta con un fuoco diverso Bertold Brecht, indimenticabile Jenny dei Pirati nell’”Opera da tre soldi” (1973). Agli album brechtiani seguono le collaborazioni con Ennio Morricone, Francis Lai, Mikis Theodorakis, Vangelis. Enzo Jannacci con “La rossa”, tre lavori con Franco Battiato. Frequenta la canzone popolare del pop senza dimenticare quella del popolo, studia, affronta il repertorio colto del Novecento, i suoi anni ‘70 sono militanti, da “Milva canta Brecht” (1971) a “Libertà” (1975). E la sua voce cambia, diventa io recitante, si adatta all’opera contemporanea con Luciano Berio, ai lieder, mentre i suoi successi la riportano sempre alle radici, da “Milord” a “La filanda”, cover della regina del fado Amalia Rodriguez. Contralto, con un forte vibrato e un melisma naturale, sembra una lama calda. Perfetta per le parole dei poeti, quelli greci con Mikis nell’album “La mia età” (1979), Umberto Eco e Andrea Zanzotto, Alda Merini. “Milva e dintorni” (1982), con Franco Battiato è la svolta, “Alexander Platz” la cifra delle sue interpretazioni future, in una Germania fra Brecht e Fassbinder.  Astor Piazzolla e “Maria de Buenos Aires” un altro passo di un lungo tango con la vita e con l’arte. "Uomini addosso" in guêpière, gioco di una seduzione non solo mentale. Nel cinema ha recitato con Zanussi e Lizzani, anche  i suoi varietà televisivi rimangono oltre le teche Rai, “Mai di sabato signora Lisistrata”, “Un mandarino per Teo”, “Al Paradise”. Lei continua e leggere, studiare, affrontare con metodo ferreo copioni, progetti e spartiti in un’agenda piena per anni. Milva la tedesca, anche. Come Rosa Luxemburg. Ritorna la sua voce nella stanza, mi mostra libri e lavoro, è puntigliosa nelle risposte anche se c’è prudente empatia fra di noi, mi parla di dischi, teatro e una volta anche, senza timore ma con nudo pudore dei suoi amori. Di Maurizio, con affetto, stima e dolore, di Mario (Piave) con il fatalismo scia di una grande passione. Delle storie più recenti con breve discrezione. Le chiedo ogni volta di Martina, conosciuta in un comune viaggio a Mosca, la figlia critica d’arte, come lei speciale.

Nell’album “In territorio nemico” aveva incontrato Giorgio Faletti. Era l'artista che poteva stare nella storia Ricordi e Casa Ricordi le lasciava libertà di esplorare, fra un Sanremo e un Saremo. Il suo addio alle scene merita di essere letto tutto. “Ritengo che proprio questa speciale combinazione di capacità, versatilità e passione sia stato il mio dono più prezioso e memorabile al pubblico e alla musica che ho interpretato e per quello voglio essere ricordata. Oggi questa magica e difficile combinazione forse non mi è più accessibile: per questo, dato qualche sbalzo di pressione, una sciatalgia a volte assai dolorosa, qualche affanno metabolico; e, soprattutto, dati gli inevitabili veli che l'età dispiega sia sulle corde vocali sia sulla prontezza di riflessi, l'energia e la capacità di resistenza e di fatica, ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro in direzione della sala d'incisione, da dove posso continuare ad offrire ancora un contributo pregevole e sofisticato». Voglio ricordarla in scena, nella sua casa di via Serbelloni piena di libri, a Mosca con Martina, entrambe giovani e felici. Signora spaesata a Sanremo. Non malata di Alzheimer. La pantera rossa e Jenny dei Pirati. Milva.