Secondo una perizia della Procura di Prato, le misure di sicurezza che avrebbero dovuto proteggere Luana D'Orazio – l'operaia di 22 anni morta in una fabbrica tessile – erano state manomesse per accelerare il ritmo della produzione.
Se così fosse, saremmo davanti allo stesso copione che a Mottarone ha condotto alla morte di 14 persone. Che sia per denaro, sciatteria, volontà o convenienza, in questo Paese la tutela della vita degli altri è spesso un valore ipotetico, quantificabile, sottostimabile.
Chiudere un occhio, manomettere un macchinario, falsificare una perizia perché «c'è la crisi», «tengo famiglia», «bisogna darci una mossa», «costa troppo»: a tutti i livelli, l'esito non cambia: le persone rischiano la vita. Perché la stessa mentalità che oggi uccide una giovane madre operaia, domani fa crollare un ponte togliendo la vita a 43 persone.
Ogni giorno, in treno, sull'autobus, in auto, quando passiamo un semaforo o prendiamo l'ascensore, abbiamo fiducia che l'ingegnere, il tecnico o il gestore responsabile della sicurezza abbia fatto bene il proprio lavoro. Se manca quella fiducia, manca tutto.