La re delle truffe e il richiamo del dna

Alla domanda su quali consigli dare ai giovani studenti italiani Giorgio Parisi ha risposto di “dedicarsi alle cose per cui sono più portati e che più li fanno divertire perché tutto sarà più semplice”. Daniele Ginefra, 52 anni, ha preso in parola il fresco premio Nobel per la fisica e nella vita ha puntato tutto sul suo miglior talento, la furbizia. Che spesso è parente di disonestà e inganno, il cocktail preferito dalla "primula rossa" delle truffe che l'altro giorno non è più rientrato nel carcere di Bollate, dove era detenuto dal 2016 per scontare 14 anni di condanne. Evaso come aveva fatto nel ‘92 a Stoccarda.    In carriera il “truffatore gentile”, come era stato soprannominato proprio in Germania, è riuscito a vendere ben 14 volte di seguito una società immobiliare a Montecarlo: bottino 5 milioni spediti al sicuro in un conto alle Cayman. Al suo cospetto Totò che cerca di vendere la Fontana di Trevi all'ignaro italo-americano è davvero un dilettante perché qualche anno dopo Ginefra ha spacciato per un lussuoso resort una catapecchia fatiscente in Costarica ceduta per un milione di dollari a una famiglia romana. A Kuala Lumpur il nostro invece è riuscito a fingersi dipendente del consolato facendosi consegnare 30mila euro in cambio di un documento mai arrivato.  

Non è più arrivato nemmeno nei due locali di Milano dove di giorno lavorava come cameriere. I titolari lo descrivono come un dipendente modello, puntuale e preciso. Tra i tavoli però Daniele Ginefra non si sentiva forse pienamente realizzato, cercava il suo “daimon”, il nume tutelare che secondo gli antichi greci disvela la vera natura ad ogni essere umano. Perché in effetti come diceva l’Alex Drastico di Antonio Albanese “il dna non è un’opinione”.