Assedio e danni delle frane, conto da pagare

L’aggravamento dei rischi e dell’incidenza delle frane va anche interpretato con la cementificazione del territori

DOMANDA:

FRANE nel Bellunese, nella martoriata Liguria, ma anche nella mia Valtellina, in Valle Brembana e al Sud. Non è solo un problema di alberi che “piovono”, il vero problema è che non appena si registrano precipitazioni intense e prolungate il nostro territorio cede. Prima di ritrovarci a contare non solo danni pesanti, sarà meglio che si inizi a predisporre un monitoraggio e una manutenzione diversa del territorio. Dobbiamo cambiare atteggiamento, se non vogliamo andare incontro a conseguenze più gravi. Davide, Sondrio

RISPOSTA:

PER PRIMA COSA dovremmo chiederci come mai vantiamo il record delle frane in Europa. Sulle 750mila registrate nel Vecchio continente,oltre 600mila riguardano la nostra penisola. Certo il territorio italiano è molto particolare, ma è altrettanto vero che un numero così alto di “movimenti” non può essere spiegato solo con l’unicità del nostro territorio “saldato” all’Europa dalle Alpi e attraversato da una catena montuosa instabile come gli Appennini. L’aggravamento dei rischi e dell’incidenza delle frane va anche interpretato con la cementificazione del territorio e, paradossalmente, con la sua scarsa manutenzione. Inevitabile che quando si verificano episodi di “bombe d’acqua” o di precipitazioni intense e persistenti accada sempre qualcosa. La Lombardia non è immune da questo problema. Quanto avvenuto nell’estate dell’87 in Valtellina (smottamenti e frane che causarono 53 morti, senza contare le migliaia di sfollati e le migliaia di miliardi - in lire - di danni) diede l’impulso alla nascita della Protezione civile, oggi si spera che il persistere di queste situazioni porti a un utilizzo e un controllo diverso del territorio. A monte, come a valle. In Lombardia, come nelle altre regioni. ivano.costa@ilgiorno.net