Sos criminalità informatica: pericolo sempre in agguato

Durante la pandemia il massiccio ricorso allo smart working ha eroso i confini tra vita privata e vita lavorativa e dilatato i tempi delle attività professionali

Milano, 24 settembre 2020 - Durante la pandemia il massiccio ricorso allo smart working ha eroso i confini tra vita privata e vita lavorativa e dilatato i tempi delle attività professionali. Un lavoratore su tre ha utilizzato dispositivi personali per accedere a documenti aziendali, spesso via cloud, correndo però seri rischi sul piano della sicurezza informatica. La ricerca “Head in the Clouds” lancia l’allarme cybersecurity a partire da uno studio commissionato da Trend Micro e condotto da Sapio Research a maggio 2020, su un campione di 13.200 lavoratori da remoto in 27 Paesi. In Italia sono state monitorate 506 persone, impiegate presso aziende di diversi settori e dimensioni.

I dati rilevano che il 37% dei dipendenti italiani utilizza dispositivi personali per accedere alla rete aziendale ma questi device sono meno sicuri di quelli aziendali e sono esposti anche alle vulnerabilità degli altri dispositivi connessi alla stessa rete domestica. Inoltre, il 32% dei dipendenti italiani (36% a livello globale) non utilizza password di accesso al proprio dispositivo, il che rende la vita ancora più semplice agli autori di attacchi informatici. I dispositivi personali possono avere punti deboli e di vulnerabilità e diventare, per i cybercriminali, agevoli porte d’accesso alla rete domestica e, di conseguenza, agli archivi aziendali e a informazioni riservate. Trend Micro raccomanda alle organizzazioni di assicurarsi che i lavoratori da remoto operino in conformità alle policy di sicurezza. Gioverebbero corsi di formazione agli utenti sulla cybersecurity in base ai livelli di conoscenza e di attitudine al rischio.

*Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano