Coi francesi mai d’accordo negli affari

Con Fca-Renault, i francesi hanno perso l'oocasione di restare in primo piano nella corsa alla competizione con i tedeschi per la strategica industria dell’automobile

LETTERA:

LA VICENDA della mancata fusione fra Fiat-Chrysler e Renault non mi sembra una sorpresa. I francesi non hanno mai tollerato che aziende italiane prendessero il controllo - specie se più grandi e con maggiori capitali - di realtà produttive d’Oltralpe. Un nazionalismo che sembra essere qualcosa di antico e radicato, contrario ai principi che gli europeisti, come si dichiara il presidente Macron, considerano punto di riferimento. Ma sono loro che ci perdono. Matteo, Brescia

RISPOSTA:

GLI ESEMPI di aziende italiane anche importanti passate nel portafogli di grandi gruppi stranieri sono innumerevoli. E spesso si tratta, come nell’alimentare e nella moda, di colossi francesi. Gli stessi che mal tollererebbero l’ingresso di italiani nel capitale. È vero, non c’è reciprocità, ma un nazionalismo a corrente alternata. Noi abbiamo forse minore capacità di opporci, minore “orgoglio” nazionale. Ci consideriamo - a torto - troppo deboli. Eppure dietro questo difetto si nasconde per paradosso un’opportunità: siamo anche più capaci dei francesi di sfruttare l’opportunità di investimenti esteri. Le aziende comprate in Italia hanno prodotto pagamenti in denaro contante, usati nella gran parte dei casi per ulteriori investimenti. Con Fca-Renault, i francesi hanno perso un’occasione, quella di restare in primo piano nella corsa alla competizione con i tedeschi per la strategica industria dell’automobile. sandro.neri@ilgiorno.net