Sparito in fonderia a Marcheno: Bozzoli era vivo o forse no. Il rebus dei mille orari

La difesa all’udienza preliminare contro il nipote-imputato: sei testimonianze per ribaltare i nuovi elementi portati dall’accusa

Mario Bozzoli scomparso, la fonderia al setaccio (Ansa)

Mario Bozzoli scomparso, la fonderia al setaccio (Ansa)

Marcheno (Brescia), 18 novembre 2020 - L’accusa ha calato gli assi. La difesa prepara i suoi, in attesa di quello che potrebbe essere un primo finale di partita: il 10 dicembre, 1.818 giorni dopo quell’8 ottobre 2015, quando l’imprenditore Mario Bozzoli si smaterializza dalla fonderia di Marcheno. Unico imputato per omicidio volontario e distruzione di cadavere il nipote Giacomo, figlio di Adelio, fratello maggiore di Mario e contitolare dell’azienda. Lo divideva dallo zio un’avversione neppure troppo nascosta. Il giudice dell’udienza preliminare, Alberto Pavan, dovrà decidere per il proscioglimento o il rinvio a giudizio di Giacomo Bozzoli. Si fronteggiano tesi opposte e inconciliabili.

Alle 19.12 Mario Bozzoli telefona alla moglie Irene Zubani. Attraversa il capannone dei rottami. Secondo l’accusa, verrebbe ucciso subito dopo. Alle 19.33 la Porsche Cayenne di Giacomo Bozzoli viene inquadrata dalle telecamere, esce con destinazione l’abitazione di Soiano. Trascorrono 7-8 minuti. L’auto ricompare e rimane posteggiata su una pesa, vicino al capannone dei rottami. Giacomo sostiene di essere tornato perché aveva dimenticato di dare disposizioni per un cambio nella lavorazione. Per caricare il corpo dello zio, è invece la tesi accusatoria.

Scontro sul filo dei minuti. L’iHealth è una app sul cellulare di Giacomo. Fra le 19 e le 19.18 l’iPhone non registra nulla. Nello stesso arco di tempo il cellulare squilla a vuoto per due volte (è la moglie a cercare Giacomo). Questa inattività, per gli inquirenti, può avere una sola spiegazione: l’assenza di campo. Anche nello spogliatoio non c’è campo. La deduzione è una sola: Mario Bozzoli viene ucciso nello spogliatoio in quei 18 minuti. Giacomo Bozzoli dovrebbe eliminare lo zio fra le 19.12 (la chiamata alla moglie) e poco dopo le 19.18 quando l’app riprende a funzionare. Alle 19.33 l’auto di Giacomo è ripresa in uscita. Un margine risicatissimo, anche se non impossibile.

L’accusa inserisce un tassello nuovo. Uno degli operai presenti quella sera, il senegalese Aboaje Akwasi, detto Abu, ha testimoniato in un primo tempo di avere visto Mario Bozzoli alle 19.30, quindi tre minuti prima che la Porsche di Giacomo venisse ripresa mentre lasciava l’azienda. Abu, risentito di recente, ha modificato il suo racconto e dichiarato di avere notato il suo datore di lavoro alle 19.15. Una versione che allungherebbe di un quarto d’ora i tempi per un eventuale omicidio portando acqua al mulino dell’accusa. E oltre a questo il giovane Bozzoli sarebbe l’unico dei presenti in fabbrica a non essere tracciato, né visto dai presenti né ripreso dalle telecamere.

La difesa. Mario Bozzoli non muore subito dopo la chiamata alla moglie. Non è vero che Giacomo evapori e di lui si perda ogni traccia. Mario è vivo alle 19.17 è inquadrato da una telecamera alla guida di un muletto nel reparto dei “pani”. Lì Mario incontra l’autista Bontacchio, l’operaio Oscar Maggi e il nipote Giacomo. Quest’ultimo addirittura scherzerebbe con lo zio. Mario torna in fonderia. Alle 19.26 lo fa anche l’operaio Maggi, per una fumata anomala. Vede il muletto carico e senza più Mario. Era normale che il principale abbandonasse il muletto una volta effettuato il carico.

La difesa crede alla versione di Abu quando dice di avere visto Mario alle 19.30 uscire e dirigersi verso lo spogliatoio. Mario gli dà disposizioni perché le pulizie nel magazzino dei mulini. Suppergiù alla stessa ora, alle 19.25, l’autista Bontacchio si porta nella palazzina degli uffici per ritirare una bolla. Negli uffici trova Alex Bozzoli, il fratello di Giacomo. Quest’ultimo gli è invece alle spalle. Alle 19.33 Giacomo Bozzoli lascia la fonderia. Se la scansione temporale è questa Giacomo non può avere ucciso lo zio Mario.