Brescia, transizione ecologica: chiamata per mezzo milione di lavoratori

Questionario in seicento aziende dela provincia. I sindacati: "Il percorso di riqualificazione chiede tempo"

Da ecologia e digitale in arrivo molti posti di lavoro

Da ecologia e digitale in arrivo molti posti di lavoro

Brescia, 18 gennaio 2022 -  Sono circa 435mila i lavoratori bresciani potenzialmente interessati dalla transizione ecologica, digitale, energetica verso cui sta andando il mondo produttivo, destinata a provocare benefici ma anche difficili trasformazioni per interi settori produttivi. Il sistema attuale di politiche attive, però, non sembra per ora pronto ad affrontare le nuove sfide. "Come rappresentanti dei lavoratori dobbiamo attivarci per ragionare sull’impatto che la transizione potrà avere nel mondo del lavoro e come intervenire per chi sarà espulso dal mercato", spiega Alberto Pluda, segretario della Cisl Brescia, che proprio ieri ha inviato a 600 realtà tra aziende, centri per l’impiego, enti formativi, un questionario di raccolta dati. Gli esiti saranno pronti per la fine di febbraio e potranno essere una bussola per orientare il sistema delle politiche attive nel Bresciano e non solo. Il tema si innesta in un quadro che parte già con molte fragilità. Nel Bresciano, gli ultimi dati disponibili (IV trimestre 2020) elaborati da Paolo Reboni di Cisl Brescia parlano di un 14,1% di Neet, ovvero 8mila persone che non studiano e non lavorano (la percentuale nazionale è del 29,8%), un tasso di disoccupazione al 4,5% di cui un 53,6% disoccupati di lunga durata. "Manca una cultura delle politiche attive per il lavoro – sottolinea Reboni – è molto più facile sedersi a un tavolo per attivare la cassa, mentre fare un percorso di riqualificazione richiede tempo e convergenza di interessi". Sul fronte delle politiche attive, in Lombardia, il tasso di successo nel collocamento è solo del 5% tra i Centri per l’impiego, il 18% nelle Agenzie per il lavoro, il 16% per il privato. "Il maggior successo del privato rispetto al pubblico – ha commentato Tiziano Treu, già ministro del Lavoro, oggi presidente del CNEL, intervenuto nella presentazione della ricerca Cisl – è legato al maggior rapporto che il primo ha con le imprese rispetto al settore pubblico. Oggi le politiche attive dovranno non solo occuparsi di chi non ha un lavoro, ma anche affrontare la transizione, che porterà massicci spostamenti. Se non facciamo questo, lasciamo morire i settori vecchi e non alimentiamo i nuovi. La questione riguarda milioni di persone: sono cose che non si improvvisano, ma abbiamo 5 anni per lavorarci. Il ruolo del sindacato può essere importante, mentre fino ad ora è stato chiamato solo nell’emergenza". Un banco di prova interessante può essere già il programma nazionale Gol (Garanzia di occupabilità lavoratori). "Potenziare la formazione e costruire relazioni sindacali forti: è questa la strada da perseguire", conclude Pluda.