Sabato 20 Aprile 2024

«Il successo del coworking? È una community» Il giardino dei talenti è diventato grande

Talent Garden oggi è il più grande network europeo del settore

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È il più grande network europeo di coworking, con 26 campus in 8 Paesi. Il focus è sul digitale. È sempre stato così, sin da quando Davide Dattoli (nella foto) ha creato Talent Garden nel 2011 insieme al socio e amico Lorenzo Manternini. Un’idea nata a Brescia con Dattoli poco più che maggiorenne e con la Silicon Valley a fare da fonte di ispirazione.

Oggi Talent Garden conta 4.500 professionisti ospitati nelle strutture in giro per il continente – dall’Italia alla Danimarca – oltre a 3.800 studenti formati sulle competenze digitali grazie a una scuola di innovazione e a 1.900 eventi organizzati all’interno dei campus. Numeri che hanno portato l’ex consulente di Condé Nast a essere considerato da Forbes tra gli under 30 più influenti al mondo, unico italiano in lista tra gli innovatori. «Un onore» chiosa Dattoli. Concentrato sulle sfide che attendono lui e Talent Garden. «Vogliamo ampliare il nostro network. E puntiamo alla quotazione in Borsa».

‘Siamo una community, non solo uno spazio di coworking’ la presentazione che da tempo accompagna la società: cosa vuol dire?

«L’idea alla base di Talent Garden non è quella di costruire uno spazio fisico, ma un ambiente vissuto da persone che fanno cose simili e con le quali si può collaborare. Una community di talenti che si occupano di digitale e tecnologia».

Il coworking ha senso solo se concepito come ambiente di confronto tra talenti?

«Ci siamo inseriti in due trend. Il primo riguarda proprio la necessità di dialogo e confronto, in un mondo sempre connesso: le idee migliori nascono davanti a un caffè. L’altro trend è relativo alla crescente esigenza di flessibilità, nel momento in cui aumenta il lavoro da remoto, ci sono più liberi professionisti e molte aziende preferiscono non impiegare troppe risorse nella complessa gestione di un ufficio. Il coworking è la risposta a quest’esigenza, anche se esistono diverse filosofie: si condivide uno spazio, ma il motivo per cui lo si fa e il modo con cui si mette in piedi questa condivisione possono cambiare molto».

Cosa determinata il successo di un’area coworking?

«Noi abbiamo scelto di puntare sulla qualità delle persone ed è ciò che fa la differenza. Da quest’ultima dipende la qualità delle connessioni che si possono creare».

La rete si amplierà ancora?

«La crescita è stata continua, siamo arrivati in 8 Paesi. Puntiamo a consolidarci nei mercati in cui siamo presenti, sviluppando l’attività e la nostra community».

Quali obiettivi per il 2020? «Ci piacerebbe aprire un Talent Garden in Emilia Romagna, un progetto al quale stiamo lavorando da qualche anno. L’obiettivo, grazie al supporto di un partner, è quello di arrivare a Bologna per connettere il territorio al nostro network».

Si dice che l’Italia sia indietro nella trasformazione digitale: è davvero così?

«La qualità dei talenti è elevata. Abbiamo un ecosistema che affonda le radici in diverse città, la sfida è metterle in rete. Occorre connettere i talenti tra di loro e con le imprese, perché si può contribuire ad accelerarne lo sviluppo portando nuove competenze che sfruttino il digitale. La sfida della tecnologia si vince facendo sistema a livello nazionale ed europeo».

Talent Garden è già in 8 Paesi: ve lo aspettavate?

«Siamo partiti per aggregare persone e non per creare un gruppo europeo, questa è sempre stata la nostra forza. L’espansione è stata notevole, non immaginabile quando abbiamo cominciato».

Nel 2021 taglierete il traguardo dei 10 anni. Il meglio deve ancora venire? «Lo spero. Puntiamo a essere sempre più capillari in Europa e a crescere ancora. La quotazione in Borsa è un obiettivo che abbiamo fissato per il 2023».

Forbes la ritiene uno dei giovani più influenti al mondo. Cosa significa per lei?

«È un premio al lavoro svolto da me, dal mio socio e da tutto il team. Non è scontato fare qualcosa che venga riconosciuto fuori dai confini nazionali, abbiamo dimostrato che anche in Italia si può fare la differenza nel digitale».