Trescore Balneario, arrivano i Modena City Ramblers: "Noi, avanti. Sempre controvento"

Ventisette anni di “combat folk” non hanno tolto ai Modena City Ramblers la voglia (e l’urgenza) di sentirsi contro

Modena City Ramblers

Modena City Ramblers

Trescore Balneario (Brescia), 26 agosto 2018 - C'è chi dice no. Ventisette anni di “combat folk” non hanno tolto ai Modena City Ramblers la voglia (e l’urgenza) di sentirsi contro. E martedì la band di “Mani come rami, ai piedi radici” cala al Bum Bum Festival di Trescore Balneario per l’ultima tappa lombarda del “Sulla Strada, Controvento Tour”. Attualmente i Modena sono in sette, a cominciare dal frontman Davide “Dudu” Morandi, ma fra i solchi dei diciotto album dati alle stampe finora di musicisti ne sono passati più del triplo. A parlarne è Franco D’Aniello, fiati, che con Massimo “Ice” Ghiacci, basso, e Roberto “Robby” Zeno, batteria, rappresenta all’interno della band la continuità con un passato che non passa.

Franco, che fase sta vivendo l’avventura MCR?

«Abbiamo sempre cercato di lavorare a progetto, tenendo bene a mente le nostre radici musicali, il nostro sentire, la nostra curiosità; la società sta vivendo una profonda crisi e questo ci spinge a ribadire sul palco quelli che per noi sono i valori fondanti, libertà in primis. E la libertà di cui parlo è sì quella di non dover vivere tra le mafie, ma anche di poter scappare dalle guerre per cercare altrove il proprio futuro».

Tema molto attuale, visti i tempi.

«Abbiamo iniziato a cantare “Ahmed l’ambulante’ nel ’94 e per tutto questo tempo ci siamo illusi di riuscire a toglierla di scaletta perché prima o poi l’immigrazione non avrebbe più rappresentato un problema di questo nostro paese. E invece quel testo scritto per noi al tempo da Stefano Benni è ancora attualissimo».

Il tempo passa, le difficoltà restano.

«Se possibile, si sono ancor più acuite; perché la percezione dell’invasione è vissuta oggi dall’italiano medio come un fatto epocale, cosa che invece non è e probabilmente non sarà mai. Certi flussi ci sono sempre stati. E mi chiedo che paura possa mai avere un abitante della Valtellina di uno o due immigrati in paese. A volte bisognerebbe ricordarsi che per tanti disgraziati in fuga da povertà, miseria e guerre, la prima necessità è sopravvivere, non comprarsi un cellulare nuovo».

Tra i progetti al momento parcheggiati, ce n’è uno che vi alletta più di altri?

«Stiamo pensando a un disco sulla musica di protesta italiana e a uno sul folk. Ma viviamo la nostra musica con una passione che ci lega parecchio agli umori del momento. L’idea più vicina a realizzarsi è comunque quella di mettere in piedi un tour acustico nei piccoli locali e poi, magari, trarne un album dal vivo. Un po’ come già accaduto vent’anni fa con quel “Raccolti” registrato in un pub».

Dopo tutto questo tempo, in cosa i MCR sono si sentono un po’ passati e in cosa stanno ancora bene al centro della scena?

«Il passato potrebbe essere quello di certe sonorità e, se il presente è la trap, il modo di scrivere le canzoni. Ma entrambe le caratteristiche rappresentano ancora i nostri punti di forza, perché le mode finiscono mentre noi, come la Bandabardò o i Sud Sound System, stiamo ancora qua».