L'inquinamento ambientale riduce anche la funzione neuroprotettiva di frutta e verdura contro il Parkinson. Lo ha rilevato un pool di studiosi dell’Università di Brescia, della Mount Sinai di New York e della Bicocca di Milano (Roberto Lucchini, Alessandro Padovani, Loredana Covolo, Manuela Oppini, Donatella Placidi, Stefano Renzetti, Yueh-Hsiu Mathilda Chiu, Deepika Bhasin, Chi Wen, Michael Belingheri), che ha condotto uno studio su una popolazione di 876 persone (347 casi, 398 controlli) tra 40 e 94 anni che hanno fatto accesso a 4 ospedali bresciani Asst Spedali Civili, ospedale di Esine in Val Camonica, Poliambulanza e Ancelle Domus Salutis. Obiettivo della ricerca, pubblicata nei giorni scorsi sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, era di valutare l’effetto combinato di alimentazione ed esposizione a sostanze chimiche usate in agricoltura con il rischio di Parkinson, che rappresenta la seconda malattia neurodegenerativa più comune dopo l’Alzheimer. Lo studio, oltre a confermare l’incidenza di fattori di rischio noti, come quello genetico e l’esposizione a metalli come il manganese, ha evidenziato il ruolo dell’ambiente nella comparsa del Parkinson. Un po’ a sorpresa, rileva che essere nato nella provincia di Brescia ha un suo peso, così come in apparenza sorprendente è il maggior consumo di frutta e verdura tra le persone con Parkinson. «Una possibile spiegazione di questo risultato inatteso – scrivono gli studiosi - può essere legato al consumo di frutta e verdura non lavata, che ha portato all’assorbimento per via orale di pesticidi. Il suolo della provincia di Brescia è noto per essere ampiamente contaminato da manganese ed altri metalli come prodotti di attività industriale centenaria e, metalli come il manganese, sono legati a effetti neurodegenerativi che accrescono il rischio di Parkinson. L’inquinamento ambientale può anche spiegare l’associazione tra essere nati nella provincia di Brescia e il rischio di Parkinson». Sempre guardando all’alimentazione, gli ...
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