Alluvione Val Camonica, l'esperta: "Eventi estremi più frequenti, serve prevenzione"

L'ingegnere Barbara Lastoria: "Serve un approccio integrato che attivi allarmi precoci"

Niardo invasa dal fango dopo l'alluvione

Niardo invasa dal fango dopo l'alluvione

Brescia - Fenomeni rapidi e difficili da prevedere, ma eventi come la colata detritica che ha travolto Niardo e Braone sono destinati a esser sempre più frequenti in territorio montano. La conformazione del terreno, l’antropizzazione che non ha tenuto conto del rischio idrogeologico, ora anche i cambiamenti climatici sono un mix pericoloso.

"Quanto accaduto in Val Camonica - spiega Barbara Lastoria, ingegnere esperta di alluvioni dell’Ispra - è un'alluvione con alto contenuto di trasporto solido, che in ambito montano viene innescata da fenomeni temporaleschi intensi e concentrati per effetto dell’elevata quantità di sedimento disponibile e delle pendenze. I paesi devastati sorgono proprio in un’area di conoide, dove si riduce la capacità dell’acqua di trasportare il materiale solido, che si ferma tra le case, come abbiamo visto".

Un territorio bello ma fragile, periodicamente interessato da frane e alluvioni: 35 anni fa quella della Valtellina, 10 anni fa la frana di Sonico, lo scorso anno l’esondazione del torrente Blè a Cerveno. "Come emerge anche dalla piattaforma Idrogeo dell’Ispra, si tratta di aree notoriamente soggette a frana, con versanti instabili soggetti a crolli diffusi e colate rapide. I cambiamenti climatici comportano due conseguenze. Da una parte è evidente la maggiore frequenza di precipitazioni intense e concentrate accompagnate da piene repentine e colate detritiche. Dall’altra, l’aumento delle temperature causa lo scioglimento dei ghiacciai che, ritraendosi, scoprono porzioni di sedimento e roccia instabili. Ci possono essere, quindi, crolli di materiale che finisce in alveo e che, in caso di piogge intense, viene trascinato a valle".

Il clima non deve però essere un alibi per non intervenire. Fondamentale la ricerca: il progetto Eearflow di Università di Bolzano e Cnr con Università Autonoma del Messico ha iniziato a studiare la ‘voce dei torrenti’, con geofoni che monitorano l’energia del flusso d’acqua e la quantità di trasporto solido mobilitato. "Quando parte una colata detritica i tempi di reazione sono ridotti. Questi sistemi – spiega Lastoria – consentirebbero di attivare allarmi precoci, per chiudere ad esempio strade interessate dai flussi distruttivi. È necessario un approccio integrato che in un ambito di Pianificazione di bacino metta insieme protezione e prevenzione".