Brescia, travolto e ucciso al rally: tre condanne

La tragedia durante le prove del 27 luglio 2017, quando la vettura sbandò e investì il commissario di gara. Un altro si salvò

La Pegeout 206 che finì col travolgere e uccidere il commissario di gara Mauro Firmo

La Pegeout 206 che finì col travolgere e uccidere il commissario di gara Mauro Firmo

Brescia, 23 giugno 2022 - Si è concluso con tre condanne il processo agli organizzatori del Trofeo Vallecamonica, durante le cui prove il 27 luglio 2017 una Pegeout 206 perse il controllo, uscì di strada e a Ossimo falciò il 57enne commissario di gara Mauro Firmo, che morì. Alla sbarra c’erano il direttore della manifestazione Francesco Tartamella, l’allestitore Francesco Belligeri e l’ispettore delegato alla sicurezza Sergio Sensi.

Il giudice, Luca Tringali, ha inflitto a tutti 4 mesi, accogliendo la richiesta del pm Antonio Bassolino. Firmo e il collega Davide Foroni - che si salvò - furono travolti all’inizio della cronoscalata dalla vettura 149, che affrontando una curva andò dritta e li centrò. A detta degli avvocati Andrea Zanotti, Laura Simeone, Riccardo Gianuzzi, del Collegio difensivo, gli imputati non hanno colpe né compirono irregolarità: fu esclusivamente della vittima - e di Foroni - la responsabilità della scelta di collocarsi nella postazione n. 20, giacché il piano organizzativo non era rigido. I due commissari avrebbero dovuto piazzarsi dietro il guardrail, alto un metro e 70, hanno sostenuto in aula chiedendo assoluzioni.

E quella postazione non era poi tanto a rischio trovandosi al centro di una chicane. Per la Procura, la pericolosità era acclarata, fermo restando il concorso di colpa con la vittima che "accettò imprudentemente di stazionare in una postazione fuori norma" perché all’uscita di una curva percorsa dai bolidi a 120 km/h. La postazione era stata spostata di 70 metri rispetto al piano originario dell’Aci. Non erano a norma i guardrail. E gli organizzatori, tanto più che la corsa era su una strada ordinaria e non su una pista, non misero in atto tutte le condotte a impedire l’eventualità dell’incidente. E, la tesi del pm, avrebbe potuto coinvolgere gli spettatori, in vari punti del tracciato troppo esposti a una possibile sbandata. Per limitare la pericolosità gli imputati per l’accusa avrebbero dovuto modificare il percorso per ridurre la velocità nei punti critici. Il tribunale gli ha dato ragione.