Timken chiude e lascia a casa: muro contro muro coi sindacati

Villa Carcina, Fiom e Rsu chiedono un ripensamento e il contratto di solidarietà. L’azienda non recede

I dipendenti in presidio davanti ai cancelli

I dipendenti in presidio davanti ai cancelli

Villa Carcina (Brescia) - Nessun passo avanti nell’incontro svoltosi ieri mattina tra la Fiom, l’Rsu Aziendale e proprietà della Timken Italia, dopo che l’azienda in data 24 agosto ha avviato la procedura per il licenziamento collettivo dei 105 dipendenti della sede di Villa Carcina. La situazione, per le maestranze, resta difficile e le speranze che la multinazionale colosso nel settore dell’automotive cambi idea sono ridotte al lumicino. "L ’incontro previsto dall’articolo 4 comma 5 della legge 223 del 1991 avrebbe la finalità di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e di individuare le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro – spiega Antonio Ghirardi, segretario provinciale della Fiom - cosa ben difficile in conseguenza alla decisione ed alla già effettuata chiusura dello stabilimento".

L’azienda ha ribadito che la decisione della chiusura del sito di Villa Carcina è irrevocabile e che è disponibile a discutere al massimo del ricorso ad un ad un anno di cassa integrazione per "cessata attività". "Si tratta - rimarca Ghirardi - di una proposta da noi ritenuta inaccettabile in quanto sottoscrivere accordo in tal senso implicherebbe l’accettazione e la condivisione del percorso della definitiva chiusura della fabbrica con il conseguente licenziamento di tutti i Lavoratori ancora in forza alla fine del periodo di CIGS, ribadiamo altresì che lo strumento della cassa integrazione per cessata attività che viene finanziato di anno in anno non è stato pensato ne finanziato dallo Stato italiano per aiutare le multinazionali a delocalizzare ma per aiutare le aziende in crisi. Come sindacato abbiamo ribadito la necessità di rivedere la decisione della chiusura totale dello stabilimento e abbiamo proposto di gestire la difficile situazione con il ricorso agli ammortizzatori sociali ordinari, in particolare allo strumento del contratto di solidarietà per il quale l’azienda ha a disposizione ancora 30 mesi. Continueremo a chiedere alla Timken di rivedere la propria posizione mantenendo il presidio con l’assemblea permanente per avere un rapporto stretto e un’informazione costante sulla trattativa nei confronti dei lavoratori".