Piazza Loggia, non è ancora finita: restano aperte altre due indagini

Il procuratore Rispoli: "Chiuderemo i fascicoli dopo l’estate ed entro fine anno eserciteremo l’azione penale. Ma ci servirà un aiuto da parte dello Stato"

Il sindaco Del Bono e le autorità alla cerimonia ufficiale

Il sindaco Del Bono e le autorità alla cerimonia ufficiale

Brescia -  Dalla strage di piazza Loggia sono passati 47 anni, tre istruttorie, undici processi e due ergastoli. Ma non è finita, la Procura ha continuato a indagare. E ieri il procuratore generale Guido Rispoli si è lasciato scappare una previsione che suona come una promessa: "Dopo l’estate chiudiamo in contemporanea le due indagini. Ed entro la fine dell’anno credo si possa esercitare l’azione penale". Ci sono infatti pendenti altri due fascicoli sui presunti esecutori materiali della strage bresciana: uno è in capo alla Procura dei minori e vede indagato il veronese Marco Toffaloni, che all’epoca aveva 17 anni. Oggi cittadino svizzero, simpatizzante per gli ordinovisti, Toffaloni rivelò al “pentito” Gianpaolo Stimamiglio di avere avuto nella strage di Brescia un ruolo "tutt’altro che marginale".

Una fotografia lo collocherebbe in piazza la mattina del 28 maggio 1974. Sull’altro fascicolo , invece, ci lavorano il pm Caty Bressanelli e l’aggiunto Silvio Bonfigli e vi è indagato Renato Zorzi, sessantanovenne geometra veronese che vive in Usa, nello Stato di Washington, dove alleva cani di razza Dobermann. Allora era un militante di Ordine Nuovo e Anno Zero e a sua volta frequentava l’ambiente dell’eversione nera. «Riteniamo entrambi legati all’estrema destra e vicini a Carlo Maria Maggi" ha confermato il procuratore generale Guido Rispoli. Anche per loro dunque potrebbe profilarsi un processo, ma alcuni impedimenti rischiano di dilatare i tempi: "Essendo residenti all’estero, ci servirà un aiuto da parte dello Stato anche per la fase delle notifiche. Se avessi incontrato il ministro Marta Cartabia oggi (ieri il Guardasigilli ha partecipato a un convegno commemorativo collegata in streaming, ndr) gliene avrei parlato".

L’ultimo passaggio giudiziario sulla strage è quello del 20 giugno 2017, quando la Cassazione ha reso definitive le condanne di Maurizio Tramonte, militante neofascista ex infiltrato del Sid, e del medico veneziano Carlo Maria Maggi, leader di Ordine Nuovo del Triveneto. Il primo per i giudici faceva il doppio gioco tra i servizi segreti e gli amici che discettavano di bombe come fossero state noccioline (ma Tramonte si professa vittima di un errore giudiziario, tanto che ha presentato un’istanza di revisione dell’ergastolo). Il secondo, invece, morto mentre scontava la pena massima nella sua abitazione della Giudecca, è considerato l’ideatore della strategia della tensione che insanguinò l’Italia di quegli anni. "Esistono altri parimenti responsabili che hanno da tempo lasciato questo mondo, o anche solo questo Paese, ponendo una pietra tombale sui troppi intrecci che hanno connotato la mala-vita, anche istituzionale, dell’epoca delle bombe", sentenziarono i giudici milanesi dell’appello bis, nel luglio 2015. Il riferimento è a Carlo Digilio, Ermano Buzzi e Marcello Soffiati, estremisti dichiarati colpevoli e deceduti. Ma anche ad altri, a cui la giustizia potrebbe presentare il conto. Quasi mezzo secolo dopo i fatti.