Strage di piazza della Loggia Tramonte vuole "la verità"

Condannato all’ergastolo l’ex spia dei servizi segreti si professa innocente e chiede una nuova perizia della foto che lo incastrò provando la sua presenza

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di Beatrice Raspa

La strage di piazza Loggia è tornata in aula. Davanti al presidente della seconda sezione della corte d’appello Giulio Deantoni - che già nel 1986 in assise assolse per insufficienza di prove Cesare Ferri, Alessandro Stepanoff, Giancarlo Rognoni e Marco Ballan - ieri è comparso Maurizio Tramonte, deciso a ottenere la revisione della condanna all’ergastolo. Detenuto dal 2017 a Fossombrone dove sconta il carcere a vita, l’ex spia dei servizi segreti ha assistito in videocollegamento all’udienza. "Questa revisione deve essere fatta per amore di verità" ha arringato l’avvocato palermitano Baldassarre Lauria, chiedendo una perizia su una fotografia che per l’accusa ritrarrebbe il 70enne padovano in piazza il 28 maggio 1974, ma che una sua consulenza con un nuovo software americano ("è in uso agli ucraini in guerra per individuare i soldati russi") smentirebbe. Smentiscono la somiglianza anche "due teste mai escusse: Patrizia, la moglie sposata da Tramonte due mesi prima della strage, e Manuela, la sorella maggiore". Lauria è convinto di poter smontare la presenza in piazza del suo assistito, il “baricentro“ della sentenza di condanna della Corte d’appello bis di Milano del 2015 giunta dopo due assoluzioni a Brescia. Una sentenza "tutt’altro che granitica, che poggia su testimonianze di due detenuti che lo riconoscono in foto su indicazione di Tramonte stesso (l’ex compagno di cella Vincenzo Arrigo, cui l’ex Fonte Tritone indicò una foto sul giornale all’ombra della Loggia riconoscendosi, e Domenico Gerardini, che riferì di aver sentito Tramonte raccontare che si era recato il 25 maggio ‘74 alla riunione preparatoria della strage ad Abano Terme con una moto Ducati appena comprata, ndr). Ma la storia è piena di detenuti che parlano per avere permessi premio".

Per non dire dell’"illegalità processuale generata dal cortocircuito delle dichiarazioni del mio assistito, che si autoaccusò quando fu sentito da persona informata sui fatti senza un legale, da ragazzo, in una fase di debolezza". Ma per il pg Guido Rispoli e le parti civili l’istanza va respinta: non apre a nuove prove - stando al Ris di Parma e al professor Danilo De Angelis, associato di Medicina legale alla Statale di Milano, i sofware della consulenza antropometrica fotografica difensica non apporta svolte scientifiche - e in ogni caso non è in grado di ribaltare una sentenza defintiva. "La presenza in piazza di Tramonte non fu dirimente, la condanna è fondata su un quadro probatorio più ampio a fronte della sua confessione", ha sostenuto il procuratore generale. Si continua il 13 maggio.