Smartphone e social, la nuova droga. Ecco i corsi intensivi per liberarsene

Brescia, i week-end “detox“ dell’esperto di tecnologia e della psicologa: domande 10 volte maggiori dei posti

Giovani e adulti alle prese col telefonico (L'Ego hub)

Giovani e adulti alle prese col telefonico (L'Ego hub)

Brescia - Con la pandemia , l’abbuffata di digitale e social sta diventatando una vera indigestione, da cui però sembra impossibile guarire, non fosse altro che, tra smart-working e piattaforme di condivisione di contenuti, i telefonini custodiscono buona parte della vita di ciascuno. E in pochi sono disposti a rinunciare alla connessione, anche per pochi istanti. Un’abitudine che sta lentamente trascendendo al livello di problema. Così che qualcuno si sta ponendo il dubbio se ci sia davvero un modo per smettere. A misurare il fenomeno è Monica Bormetti, psicologa bresciana, fondatrice con il fratello Matteo (consulente digital) di Smart Break, prima realtà italiana a fare divulgazione su questi temi e a offrire formazione sul complesso rapporto tra tecnologia e psicologia. Il progetto è stato ‘incubato’ nel 2015, durante un viaggio in cui a Monica si ruppe il cellulare: una vacanza digital detox da cui poi, nel 2017, è nata Smart Break nel 2017. Oltre a fare formazione e coaching sul benessere digitale, periodicamente vengono organizzati week-end digital detox, a cellulari spenti. Da venerdì ne è in corso uno a Salò, con Stefania Clementi, insegnante di yoga. "Facciamo meditazione, passeggiate, laboratori – spiega Bormetti – le persone osservano gli automatismi che le portano ad essere sempre connesse, per poter poi migliorare nella vita di tutti i giorni in modo consapevole".

La scelta è di lavorare in gruppi da 15, ma le richieste di partecipazione sono 10 volte tanto. "Abbiamo ricevuto 126 domande, il 50% in più di un anno fa". Dopo il lockdown, in particolare, c’è stato un vero e proprio boom: i posti sono andati subito esauriti. "Senza social e cellulari – racconta Bormetti – le persone hanno una percezione del tempo diversa. Molti ci dicono che hanno la sensazione di esser stati via molto più di 48 ore". Un’esperienza simile a quella in cui il mondo si è di fatto ritrovato con il black-out di Facebook, Instagram e WhatsApp dei giorni scorsi. «La dinamica dei nostri digital detox è più o meno quella". Anche le scuole iniziano ad essere interessate: Bormetti ha iniziato a lavorare con un istituto del territorio, coinvolgendo gli studenti in giornate di disconnessione. Del resto, le rivelazioni di Frances Hauge, ex dipendente di Facebook che ha accusato l’azienda di aver nascosto gli studi sugli effetti dei social per la salute mentale, soprattutto nei ragazzi, sono state dirompenti.

"Zuckerberg ha risposto alle accuse – sottolinea Bormetti – evidenziando che all’essere umano le connessioni sociali fanno bene e che i social fanno proprio questo. Ciò è vero, ma un noto studio di ricercatori di Harvard, iniziato negli anni ‘30, ha messo in evidenza che, in qualunque contesto socio-economico, l’elemento predittivo della buona qualità della vita è la qualità delle relazioni. Se ci pensiamo, siamo tutti connessi, ma le chat non sono l’ideale per instaurare relazioni profonde". La polarizzazione delle opinioni, le etichette che ci si ‘incollano’ addosso quando si postano un commento o una foto, l’intensità emotiva innescata dalle dinamiche dei social, rischiano di avere un impatto molto negativo su chi è in età di sviluppo. "Sui social ci troviamo sempre di fronte a vite da sogno, anche se poi nella realtà non è così – conclude Bormetti –. Ma quando sei un adolescente, questo può essere deleterio". Del resto , che il problema della iperconnessione esistesse, ancor prima del boom legato alla pandemia, lo dimostrano i dati di uno studio del 2018 della Cattolica di Milano secondo il quale il 45% dei ragazzi fino ai 25 anni non riesce a passare meno di sei ore al giorno connesso. Con la didattica a distanza questo dato è peggiorato. A confermarlo un sondaggio, anche questo precedente alla pandemia: il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dallo smartphone, che arriva a controllarea anche 75 volte al giorno.