Brescia, il caso Sana Cheema: superconsulenza sull'autopsia

La procura indaga sulla morte in Pakistan della ragazza che voleva autodeterminarsi. "Avrà giustizia"

Sana Cheema

Sana Cheema

Brescia, 16 aprile 2019 - "Sana  Cheema è stata più volte maltrattata dal padre, che l’ha percossa e ha avuto nei suoi confronti comportamenti violenti". Parola del procuratore generale di Brescia, Pierluigi Maria Dell’Osso, che sta indagando per l’omicidio della 25enne italo-pakistana, morta nel Paese d’origine il 18 aprile 2018 dopo avere rifiutato le nozze con un cugino. Il pg è convinto che la giovane, bresciana d’adozione, sia stata eliminata dal clan familiare perché voleva autodeterminarsi. E per questo, alla luce di violazione di una libertà fondamentale, il procuratore pensa a un delitto politico.

Dell'Osso ha avocato a sé un’inchiesta senza indagati aperta l’anno scorso a Brescia e ha inquisito per omicidio premeditato e pluriaggravato Mustafa Cheema, il padre di Sana (italiano come lei) e il figlio primogenito Adnan. E a breve lascia intendere una possibile iscrizione della madre, Nargis Tahira, che "non poteva non sapere". Padre, madre e figlio, insieme ad altri nove parenti, sono già stati processati in Pakistan e assolti per insufficienza di prove. E questo sebbene in un primo momento padre e figlio avessero confessato e consegnato l’arma: un turbante stretto al collo della malcapitata. La Procura ha affidato una consulenza necroscopica a Vittorio Fineschi, ordinario di medicina legale alla Sapienza, che vaglierà le carte dell’autopsia secondo cui Sana è morta per asfissia e strangolamento. In vista della formulazione dell’imputazione Dell’Osso si è procurato l’autorizzazione del Ministero, essenziale in caso di assenza sul territorio nazionale di autori di reato all’estero. "Sana avrà presto giustizia".