Brescia, raggiro all’imprenditore. Il caso Risatti torna davanti alla Corte

Secondo il notaio l’uomo che aveva 93 anni era lucido al momento della firma del testamento

Tribunale di Brescia

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Brescia, 2 giugno 2022 - Il caso della presunta circonvenzione del facoltoso imprenditore alberghiero di Limone Vincenzo Risatti, che la procura ritiene raggirato dalla badante, dal figlio di lei e da due avvocati, ieri è tornato in aula, in Appello. Davanti alla Corte, il penalista Luca Dagnoli, nipote del defunto, e il civilista Ernesto Folli, condannati in primo grado a 1,8 anni. Risatti morì a 93 anni nel 2016 e poco prima, già malato - nel 2015 fu colpito da ictus - si fece accompagnare dal nipote da un notaio per modificare il testamento e lasciare una fortuna alla 60enne Raisa Rusu - badante e compagna - e al figlio Denis. Dagnoli e il collega, che incassarono per la pratica una parcella di 60mila euro (poi restituita) si ritiene abbiano partecipato a un accordo. Ieri a processo è stato sentito il notaio, il quale ha riferito che Risatti entrò con le proprie gambe nella stanza e che quando sottoscrisse la modifica era lucido. Il pg Cristina Bertotti ha però chiesto la conferma della condanna. La difesa, con l’avvocato Alessandro Aasaro, l’assoluzione: "Ci sono tre certificati medici che attestano come Risatti in quel periodo fosse in sé". I giudici hanno rinviato l’udienza a settembre. I Rusu erano stati assolti dall’accusa di circonvenzione d’incapace. In un procedimento parallelo per una presunta appropriazione indebita di 250mila euro, invece, rimediarono una condanna in primo grado a 3 anni, in appello a 2,4. Una sentenza tuttavia annullata dalla Cassazione.