Rezzato, la “cupola” dei nomadi: condannati i boss

Otto e cinque anni per due esponenti del campo di Rezzato accusati di rapine e estorsioni

Il campo nomadi

Il campo nomadi

Rezzato (Brescia), 10 aprile 2019- Per l'accusa costituivano la "cupola dei nomadi specializzata in truffe, raggiri, estorsioni e rapine ai danni di proprietari di auto di lusso, suv, camper, i quali speravano di fare un affare mettendo in vendita i mezzi con un annuncio sul Web e invece tornavano a casa senza più macchina e a portafoglio vuoto. Ieri anche il tribunale ha accolto questa ricostruzione e i giudici della seconda sezione penale – presidente, Angela Corvi – hanno condannato il trentenne C.C., il presunto boss, a otto anni di carcere più ottomila euro di multa e il "collega" K.L. a cinque anni. I fatti contestati risalgono al 2011 e 2012, quando i due – fedina penale non propriamente pulita - risiedevano al campo «Camafame» di Rezzato, il covo in cui attiravano gli ignari venditori.

Gli imputati, a processo insieme ad altri sei nomadi tutti mandati assolti, rispondevano a vario titolo di una serie di colpi, in parte cancellati dalla prescrizione. C.C. ha accolto la sentenza con una accesa reazione di stizza – ha anche avvicinato il pm Donato Greco il quale poi è stato scortato in ufficio dai carabinieri – e adesso dovrà pagare per due rapine e due estorsioni, K.L. invece per un’estorsione. La Procura aveva chiesto nel complesso 25 anni di carcere.

La presunta cupola, sgominata dai carabinieri nel 2012 nel corso dell’operazione Catafam», scovava le vittime scandagliando gli annunci di vendita pubblicati in Rete. Gli imputati per l’accusa chiamavano gli autori degli annunci dicendosi interessati all’acquisto dei beni, si accordavano per il versamento di un piccolo acconto, garantivano che nell’atto di compravendita avrebbero ritoccato al ribasso il valore del bene così da permettere al venditore di eludere le tasse, e poi davano appuntamento alla controparte. Con una scusa - il completamento del passaggio di proprietà, il giro di prova in auto, il versamento del saldo in contanti - attiravano le vittime nel campo nomadi. E il gioco era fatto. I malcapitati pare venissero accerchiati dal clan, che poi "sequestrava" il mezzo e metteva in fuga l’ormai ex proprietario. Le macchine si ritiene finissero velocemente all’estero o cannibalizzate e vendute a pezzi ad autofficine compiacenti.