Tace l’incarcerata ditta "Finti sequestri": caccia ai complici tra Bulgaria e Siria

Brescia, la banda aveva una grande disponibilità di denaro, risponde anche di un mancato “rapimento” del 2015

Alessandro Sandrini, il suo sequestro è ritenuto una messinscena dagli investigatori

Alessandro Sandrini, il suo sequestro è ritenuto una messinscena dagli investigatori

Brescia - Da martedì sono in carcere per sequestro con finalità di terrorismo. Avrebbero organizzato i finti sequestri dei bresciani Alessandro Sandrini e Gianfranco Zanotti, poi traditi e ceduti a miliziani di Al Quaeda che li tennero priogionieri tra Turchia e Siria tra il 2016 e il 2019. Ieri gli albanesi Fredi Frrokaj, 42 anni, di Flero, Olsi Mitraj, 41 anni di Gussago, e il bresciano Alberto Zanini, 54 anni, di Mazzano, hanno incontrato il gip di Roma Paola Delle Monache, in videoconferenza con Canton Mombello, per l’interrogatorio. Ma hanno scelto il silenzio.

«Dobbiamo vedere le carte, è una vicenda complessa" hanno chiarito gli avvocati Daniele Tropea, Valeriano Coltro e Daniele Supino. Il ruolo apicale è riconosciuto a Frrokaj, "trait d’union tra la compagine bresciana e la struttura associativa presente in Turchia" si legge negli atti. Stando a Sco e Ros, gli albanesi, all’apparenza insospettabili, con Zanini, che invece era già in cella per scontare 5 anni per truffe e usura, hanno pianificato nei dettagli la messinscena di Sandrini, con cui avevano concordato di spartirsi il riscatto, ora è indagato per truffa e simulazione di reato. Nel piano ci sono complici ancora da identificare operanti tra la Siria e la Turchia, ma anche due siriani in Bulgaria e Turchia, un marocchino senza fissa dimora, un egiziano e un albanese (gli ultimi due di Brescia e Chiari), tutti indagati.

La banda risponde poi di un terzo tentato rapimento di un imprenditore di Rezzato (in corso di identificazione) che il 26 settembre 2015, giorno della partenza per la Turchia, non si presentò a Orio al Serio, pare tenendosi parte del compenso. "Il gruppo aveva una notevole disponibilità di denaro, essendo state corrisposte somme anche consistenti (10mila euro ai rapiti) sia alle future vittime che ai familiari, un elemento significativo di un’attività criminale svolta in modo non occasionale" scrive il gip. La Procura romana ritiene che a Sandrini, all’epoca tossicodipendente e in difficoltà economiche, fu proposto di partire per Adana fingendo un rapimento che poi si concretizzò. Fu narcotizzato e consegnato al Turkestan islamic part. Sentita a verbale, la ex riferì di essere stata da lui tranquillizzata durante il viaggio per l’aeroporto: "Mi disse che al rientro avrebbe avuto molti soldi dalla Farnesina... gli amici gli avevano promesso una permanenza in una villa da cui non sarebbe potuto uscire ma avrebbe avuto droga, alcol e donne".

La banda per i primi mesi girò alla donna tutte le settimane 50-100 euro, e Sandrini, che stando alle carte puntava a 200mila euro da dividere, le avrebbe promesso 100mila euro per stare zitta. "Ma quale finzione, non ho preso un euro. Né prima, né dopo. E’ stato un periodo durissimo, un rapimento vero dall’inizio alla fine" nega lui, che si è convertito all’Islam e oggi lavora in fabbrica. La vicenda di Zanotti per la Procura è "sovrapponibile", anche se il sessantenne di Marone si recò ad Antiochia per acquistare dinari iracheni di Saddam Hussein fuori corso e rivenderli. Poi fu narcotizzato e ceduto ai quaedisti di Jund Al Aqsa. Anche nel suo caso la figlia e la seconda moglie per qualche tempo sarebbero state ‘tranquillizzate’ con 1500 euro al mese.