Brescia, caso Sana Cheema. La Procura: "Valutiamo di contestare reato omicidio politico"

I magistrati bresciani proveranno a portare il processo in Italia. Rese note intanto le motivazioni della sentenza in Pakistan

Il volto di Sana in una manifestazione dei pakistani

Il volto di Sana in una manifestazione dei pakistani

Brescia, 19 febbraio 2019 - Per il momento è una idea, ma potrebbe facilitare il compito dei magistrati bresciani qualora riuscissero a trovare gli elementi per portare a processo in Italia i presunti responsabili dell’omicidio di Sana Cheema, la 25enne pakistana diventata cittadina italiana morta nel paese di origine lo scorso aprile. "Per poterli processare in Italia servono due condizioni – ricorda il procuratore generale di Brescia Pier Luigi Maria Dell’Osso – Deve esserci la richiesta del ministero della Giustizia e i responsabili devono essere in Italia. Una possibilità per evitare questa ultima condizione ci sarebbe. Dovremmo provare a contestare il reato di omicidio politico. In questo caso basterebbe la richiesta del ministero". Non è un percorso facile. E’ lo stesso procuratore generale a sottolinearlo. "Dovremmo fare leva su una costruzione giuridica ardita – spiega – In parole semplici dovremmo riuscire a spiegare che dietro il delitto ci siano motivi contrari ai diritti e alle libertà costituzionalmente garantite. Anche eventuali motivi religiosi potrebbero rientrare dentro questa sfera".

Nei giorni scorsi, undici persone per quella vicenda sono state assolte per insufficienza di prove e testimonianze dal tribunale distrettuale di Gujrat, nel Nord-Est del Pakistan. Tra gli imputati c’erano anche il padre, il fratello e uno zio della ragazza cresciuta a Brescia dove è rimasta fino al dicembre 2017 quando è volata in Pakistan per una riunione di famiglia. La strada è in salita e soprattutto prima di ogni possibile mossa in Italia devono arrivare gli atti relativi alle indagini fatte in Pakistan e gli atti del processo. Nelle scorse, ore attraverso l’ambasciata italiana è arrivata la sentenza di assoluzione. Per il tribunale di Gujrat testimonianze attendibili non ci sarebbero e anche i risultati dell’autopsia che dimostravano come la ragazza fosse stata strangolata sarebbero stati messi in discussione da perizie successive. Per i magistrati pachistani anche il movente, il rifiuto della ragazza a un matrimonio combinato, non avrebbe retto. Da qui la decisione di mandare tutti assolti e di rimettere in libertà immediatamente il padre e il fratello della ragazza.

"Nelle prossime ore, l’ambasciatore italiano incontrerà le massime autorità della giustizia pachistana – spiega il procuratore generale Dell’Osso – Tra questi anche il mio omologo pachistano. Da lui attende qualche chiarimento in più sulla vicenda". In procura a Brescia resta aperto, contro ignoti e senza ipotesi di reato, un fascicolo sulla vicenda. "Per vedere come muoverci servono gli atti, lo ribadisco – ricordo Dell’Osso – Dobbiamo conoscere i capi di imputazione contestati a tutti gli imputati. Un lavoro lungo, che difficilmente nel breve periodo potrà dare risultati".