Brescia, omicidio di Sana Cheema: tutti assolti. Le amiche: "Temiamo la vendetta"

Lo ha deciso un tribunale pachistano per "mancanza di prove certe". L'assessore: Brescia e Milano le intitolino un parco

Sana Cheema

Sana Cheema

Brescia, 16 febbraio 2019 - Il messaggio sul cellulare è arrivato ieri mattina presto: «Hai sentito? Il papà e il fratello di Sana sono stati liberati. Sono fuori dal carcere. Sai qualcosa in più? Fammi sapere. È pericolosissimo». Appena i media pakistani hanno diffuso in Rete la notizia della scarcerazione dei presunti autori dell’omicidio della 25enne di Brescia - perché Sana Cheema era cittadina italiana- tra le amiche che la conoscevano bene e la frequentavano si è diffuso il terrore. Terrore di aver detto una parola di troppo, terrore di essersi esposte e di subire ora ritorsioni. Bushra -  il nome è di fantasia – amica di famiglia, è una di quelle. All’indomani della morte di Sana, quando dal Pakistan avevano iniziato a rimbalzare la versione dell’attacco cardiaco per giustificare il decesso improvviso della giovane, era subito salita sulle barricate per chiedere «verità e giustizia». Ci aveva messo la faccia, con nome e cognome. Adesso invece chiede l’anonimato per proteggersi. A Brescia la comunità pakistana aveva organizzato presidi e srotolato striscioni portando molti coetanei di Sana in piazza per protestare contro i femminicidi, rivendicare il diritto alla vita e all’autodeterminazione delle donne.

A portare all’attenzione dell’opinione pubblica il caso di quella ragazza ribelle scomparsa in Pakistan in circostanze dubbie erano state proprio le amiche, una in particolare, che nemmeno per un attimo aveva dato credito alla versione dell’infarto. «Se il papà e il fratello di Sana tornano a Brescia siamo tutte in pericolo - confida Bushra -. Non solo. Si crea un precedente tremendo per molti altri maschi padroni». La segretaria provinciale della Cgil, Silvia Spera, che la scorsa primavera aveva aiutato le giovani straniere a riunirsi per manifestare, conferma: «Ho ricevuto numerose telefonate impaurite. Questa vicenda è inconcepibile. In qualsiasi Paese del mondo alla vita di una donna deve essere riconosciuto un valore. Quando si tratta di una cittadina italiana poi le nostre istituzioni debbono sentirsi impegnate in prima persona per garantire il rispetto dei diritti e che sia fatta giustizia». Le notizie, ancora contraddittorie, stanno generando imbarazzo nella comunità: «Le autorità del Pakistan non mi hanno ancora confermato nulla, dobbiamo capire bene che cosa è successo – si stringe nelle spalle il referente dei pakistani in Italia, Raza Asif -. Logico che se i giudici hanno assolto gli autori di un omicidio ci dissociamo con forza da questa decisione».

Anche uno dei portavoce dei pakistani bresciani, Jabran Fazal, è senza parole: «Sana così sarebbe stata uccisa nuovamente dall’ingiustizia e dall’impunità degli assassini che grazie ai cavilli giudiziari sono tornati in libertà». Nel quartiere Fiumicello, prima periferia di Brescia, dove la famiglia Cheema viveva prima di tornare nella provincia di Gujrat, serpeggia lo sconcerto.