Brescia, pakistana morta a 25 anni: "Tutti con Sana. E per la verità"

In piazza della Loggia i connazionali della giovane chiedono sia fatta chiarezza

Alcuni giovani che hanno mostrato cartelli contro ogni pregiudizio

Alcuni giovani che hanno mostrato cartelli contro ogni pregiudizio

Brescia, 23 aprile 2018 -  «Sana siamo tutti dispiaciuti per te», recitavano i cartelli sventolati in largo Formentone, all’ombra della Loggia. Appena è circolata la notizia della morte di Sana Cheema, la venticinquenne pakistana di casa a Brescia che secondo le prime voci sembrava fosse stata sgozzata dal padre e dal fratello per punirla del rifiuto alle nozze combinate, parte della comunità pakistana locale ha organizzato un presidio. Ieri alle 17 una ventina di persone si sono date appuntamento per dissociarsi dalla violenza sulle donne. «Se è stato un femminicidio si sappia che noi lo condanniamo – spiega Giabran Fazal, uno dei portavoce -. Siamo qui per chiedere verità e giustizia. Nulla giustificherebbe una morta atroce. Nelle ultime ore tuttavia la vicenda sta prendendo una piega diversa. Sana ci risulta sia morta in ospedale dopo un collasso avuto per strada l’11 aprile. Un certificato del pronto soccorso lo attesta».

La notizia della venticinquenne ormai bresciana, innamorata di un connazionale di seconda generazione come lei, sgradito alla famiglia e per questo giustiziata – chi abbia diffuso l’informazione non è chiaro, nono ci sono conferme – ha messo in allarme l’intera comunità italo-pakistana. Un connazionale di Brescia, Mukhtar Ahmed, in questi giorni a Gujrat, sta facendo da tramite per avere informazioni di prima mano. «I familiari di Sana sono sconvolti per le notizie che rimbalzano dall’Italia – racconta al telefono l’intermediario, che ieri ha fatto visita alla famiglia Cheema –. Non è vero niente di quel che si dice. Sana si è sentita male per strada. Dei negozianti hanno visto la scena e hanno chiamato l’ambulanza. E non c’era nessun matrimonio combinato in vista per lei. I genitori vogliono capire chi ha messo in giro queste bugie e sporgere denuncia».

Al presidio ha partecipato anche il segretario nazionale Raza Asif. «La nostra ambasciata è in contatto continuo con il governo locale. Negli archivi della polizia non risultano denunce per violenze nei confronti di Sana e il padre e il fratello non sono mai stati in carcere. È stata anche aperta un’inchiesta per fare chiarezza. Nel giro di 48 ore dovrebbe essere disponibile il certificato di morte. Ci preoccupano queste notizie perché non vorremmo gettare ombre sulla nostra comunità e criminalizzare i 140mila pakistani italiani».