Brescia, il giallo di Sana: "Non sono io il fidanzato"

Kamran dribbla la Procura: "Ho cinque omonimi"

Sana Cheema (Fotolive)

Sana Cheema (Fotolive)

Brescia, 4 maggio 2018 - «I genitori le stavano cercando un fidanzato, ma Sana non si sentiva in pericolo: stava bene». Kamran Javid, 26 anni, è uno degli amici della 25enne deceduta il 18 aprile scorso a Mangowal in circostanze misteriose. Bresciano come lei, fonti autorevoli lo indicano come “il fidanzato”. Il personaggio chiave convocato una settimana fa in Procura a Brescia per raccontare il contenuto delle numerose comunicazioni intercorse con la ragazza poco prima del decesso, che però non si era presentato. L’uomo con cui Sana, a detta della madre di lei, aveva una relazione travagliata, e per il quale soffriva il mal d’amore a tal punto da avere smesso di mangiare.

Ma Kamran, che pure era tornato in Pakistan nel periodo in cui anche Sana era laggiù, dà un’altra versione: «Siamo in quattro a Brescia con lo stesso nome, tutti coetanei. Con Sana non ho mai avuto storie. Eravamo buoni amici. Ci eravamo conosciuti anni fa perché avevo fatto la patente nella scuola guida in cui lei lavorava. Tutto qui». Il giovane racconta di essere stato nel Punjab tra il 9 gennaio e il 28 febbraio per fidanzarsi e di essere poi rientrato a Brescia. «In quel periodo non l’ho vista. L’ho sentita qualche volta su Facebook, anche lei era in Pakistan perché la famiglia le cercava un fidanzato, ma non mi ha detto di essere preoccupata. Qualche volta ci siamo sentiti al telefono tra marzo e aprile, stava bene».

Invece i Cheema, famiglia potente di proprietari terrieri e politici, sostengono che la figlia si fosse fatta venire l’ulcera a non mangiare, di averla portata al pronto soccorso per questo. Una situazione degenerata una settimana dopo. Per attestare la tragica fatalità i parenti, che hanno negato di averle imposto un marito e di averla solo spinta a sposarsi, hanno pure sottoscritto un documento in ambasciata. La polizia però nutre dubbi e mantiene in custodia cautelare Mustafa Ghulam, il padre, Adnan, il fratello, e Iqbal Mazhar, lo zio, sospettati di omicidio e sepoltura non autorizzata e sottoposti a prelievi genetici. Nel presunto delitto d’onore sarebbero coinvolti anche un cugino e un medico. Gli investigatori seguono la pista dell’avvelenamento. Determinante sarà l’esito dell’autopsia, sul quale però le autorità locali mantengono il più stretto riserbo.