Brescia, pakistana morta a 25 anni: Sana e quel "guaio in famiglia"

Il papà chiese le ferie alla Innse Cilindri: "Un grave problema vado in Pakistan". Poi la figlia è morta

Sana Cheema

Sana Cheema

Brescia, 27 aprile 2018 - Due settimane prima che in Italia arrivasse la notizia della morte di Sana Cheema, il padre Mustafa Ghulam si è presentato nell’ufficio della Innse Cilindri di via Franchi a Brescia, dove è impiegato da oltre 15 anni, per annunciare che si sarebbe dovuto allontanare dal posto di lavoro per recarsi in Pakistan e «risolvere un grave problema di famiglia». Lo racconta un collega italiano che desidera restare anonimo, ma che con Mustafa aveva a che fare da quando ha cominciato a lavorare nell’azienda siderugica bresciana di proprietà dell’Ilva di Taranto. «Mustafa Ghulam, che tutti abbiamo riconosciuto dalle foto sui giornali, ha iniziato a lavorare con noi – spiega il collega –. Era tornitore. Quando qualche anno fa è iniziata la crisi lui e tanti suoi connazionali sono stati trasferiti nella parte destinata alla fonderia. Molti hanno deciso di emigrare in Inghilterra. Lui invece è rimasto, faceva il gruista. Un lavoro sicuro e meno pesante di quello ai forni». Ghulam è descritto come un lavoratore «sempre assorto nei suoi pensieri e non particolarmente preparato», che non ha mai dato confidenza ai colleghi italiani. «Lo abbiamo visto l’ultima volta tre settimane fa, è sempre entrato al lavoro in silenzio e con noi non ha mai parlato – continua il collega –. In mensa sedeva sempre soltanto con altri pakistani».

Intanto nel distretto di Gujrat, la regione di residenza della famiglia di Sana, di classe altolocata – il fratello maggiore Adnan, fermato con il padre e lo zio per omicidio e sepoltura non autorizzata, è un politico – le indagini continuano. La polizia segue la pista dell’avvelenamento. Riesumato mercoledì, il corpo non presenterebbe segni esterni di violenza e l’esame autoptico, di cui si attende l’esito, si è concentrato sullo stomaco. Sana è deceduta la sera del 18 aprile in circostanze misteriose giusto poche ore prima di imbarcarsi su un volo che l’avrebbe portata in Italia. I parenti il mattino dopo si sono dati da fare per trovare due addetti privati che li aiutassero a scavare una fossa in fretta nel cimitero di Kot Fath, a qualche chilometro da Mangowal, la città di residenza dei Cheema. «Ulcera cronica e ipotensione». sono le cause della morte, si difendono in maschi di famiglia in custodia cautelare, e che secondo i media pachistani avrebbero anche sottoscritto un certificato di decesso naturale all’ambasciata italiana. I parenti negano di aver imposto a Sana nozze combinate. Anzi, addirittura negli ultimi giorni la 25enne ha smesso di mangiare per «mal d’amore», hanno riferito alla Polizia, dopo che la famiglia di un ragazzo a cui l’avevano proposta in sposa aveva risposto picche. E il padre, riporta il Times di Islamabad, ora punterebbe il dito contro un medico: aveva portato la figlia più piccola in ospedale in gravi condizioni ma non sarebbe stata curata a dovere, ha detto. Sana è stata visitata l’11 aprile dopo un malore ma non aveva nulla di preoccupante, ribatte invece il medico. Sotto la lente degli inquirenti anche le chiamate tra la bresciana e le persone a lei vicine. In particolare le 59 conversazioni con un connazionale di Brescia prima di morire.