Ragazza morta a Brescia, l’autopsia conferma: mix micidiale di droghe

Nel sangue di Francesca Manfredi eroina, cocaina, benzodiazepine e chetamina. L’analisi chiarirà se poteva essere salvata

Francesca Manfredi

Francesca Manfredi

Brescia, 26 agosto 2020 - L’autopsia eseguita sul corpo della 24enne bresciana trovata morta in casa domenica scorsa ha evidenziato la presenza di massicce dosi di cocaina, eroina, benzodiazepine e chetamina. L’esame conferma dunque l’ipotesi degli inquirenti che sostengono che Francesca Manfredi sia stata stroncata da un mix di stupefacenti consumati in compagnia di due amici. Francesca Manfredi, che in passato aveva fatto la pierre in discoteca e che aveva avuto alcuni problemi di fragilità, tanto da aver avuto accesso al servizio tossicodipendenze, quando è morta era nella casa di famiglia, dove è cresciuta e che è intestata alla madre. Con lei c’erano una coetanea e un uomo di 32 anni, entrambi bresciani e attualmente indagati per omissione di soccorso e omicidio colposo. Francesca è stata trovata senza vita, vestita e sdraiata nella vasca da bagno riempita di acqua fredda dove gli amici l’avrebbero infilata dopo che si è sentita male. Agli investigatori avrebbero raccontato di averla sentita prima respirare affannosamente e poi di aver sentito che non respirava più.

Gli esami post mortem e soprattutto quello tossicologico saranno fondamentali per stabilire l’ora del decesso, rilevante per accertare eventuali responsabilità e capire se Francesca Manfredi, se aiutata in tempo, avrebbe potuto essere salvata. Quanto accaduto tra venerdì notte e domenica mattina a Brescia è ancora avvolto nella riservatezza, anche se pare che la giovane e gli amici siano usciti almeno due volte per rifornirsi di stupefacenti, probabilmente nel centro di Brescia, dove è facile trovare dei pusher. «Non conosco direttamente il caso di questa giovane – spiega la psicologa Elena Pescarzoli, esperta in abusi e tossicodipendenze, attualmente operativa alla Casa di Enzino - Comunità Exodus di Sonico –. Certo è che l’uso di stupefacenti e alcolici si è acuito durante il lockdown, vuoi per il disagio dovuto al Covid vuoi perché la gente era a casa. Chi non si è mai fermato sono gli spacciatori. Se vuoi droga, la trovi. Sempre e comunque. Non solo. Tra i più giovani non vi è la consapevolezza di “fare qualcosa di sbagliato”. Assumono droghe perché “è normale” e “lo fanno tutti quelli che conosco”. Il più giovane dei nostri assistiti ha 20 anni. Ha il problema del ritorno a casa, perché conosce solo consumatori. E a consumare i ragazzi iniziano sin da giovanissimi: tra la terza media e la prima superiore, per sentirsi uguali agli altri". Un quadro davvero sconsolante.