Caso Lorandi, ricorso respinto: il marito resta all’ergastolo

No della Cassazione a un nuovo processo La difesa: "Ricorreremo alla Corte europea"

Bruno Lorandi insieme alla moglie Clara

Bruno Lorandi insieme alla moglie Clara

Brescia, 24 novembre 2020 - No a un nuovo processo per Bruno Lorandi, 72 anni, marmista di Nuvolera che dal 2009 sconta l’ergastolo per l’omicidio della moglie Clara Bugna. La Cassazione, come la Corte d’appello di Venezia, ha dichiarato inammissibile la sua istanza di revisione. Per la seconda volta. "Sono amareggiato – si sfoga l’avvocato Alberto Scapaticci, che oggi incontrerà Lorandi in carcere a Bergamo – I giudici non mi hanno nemmeno ascoltato".

Il 10 febbraio 2007 il marmista compiva 60 anni. Era il suo ultimo giorno di lavoro. Una manciata di minuti prima delle 7 salutò Clara, 5 anni meno di lui, con cui stava da quando ne aveva 13. Si recò alla Edilkamin e offrì la colazione ai colleghi per festeggiare la pensione. A metà mattina una telefonata dal ristorante dove la moglie lavorava lo avvertì che non si era presentata. Rincasò e la scoprì a terra, accanto ai panni da stirare, con la cintura dell’accappatoio al collo. Morta. Gli venne un malore. Andò così anche 19 anni prima, il 28 aprile 1986, quando in Maddalena scoprì il figlio Christian, 10 anni, con un filo di ferro al collo. Strangolato come la madre in circostanze mai chiarite.

Per quell’omicidio il marmista, che prima confessò e poi ritrattò, fece 7 mesi di carcere, ma fu assolto: insufficienza di prove. Per la moglie (uccisa perché spingeva per far riaprire le indagini sul figlio, dicono le sentenze) fu dichiarato colpevole. Ma la difesa è certa di avere una carta che smonta la prova del ferro da stiro, uno dei pilasttri accusatori. Lo si riteneva acceso da Lorandi alle 6,34 per pochi minuti prima di recarsi al lavoro, la consorte già uccisa, come messinscena. L’analisi dei consumi energetici invece avrebbe rivelato che quel ferro stirò davvero mezz’ora. E a stirare fu Clara: "Lorandi a quell’ora era già al lavorol, dunque non può averla uccisa". E adesso? "Non escludo la Corte europea – conclude il legale – Certo, potremmo ottenere solo un successo morale. Perché comunque un innocente rimarrebbe in carcere".