Pizza Connection Niente mafia ma estorsioni

Conto più salato del previsto nella sentenza d’Appello per l’oste e i suoi amici

Non c’è la mafia, come già era stato decretato in primo grado, ma le estorsioni sì. E il conto è più salato del previsto. Sentenza d’Appello inattesa ieri per la presunta “Pizza connection“ bresciana, inchiesta che nell’autunno 2018 aveva acceso i riflettori su estorsioni, intimidazioni e incendi a opera di un gruppo di pregiudicati campani e calabresi tossicodipendenti “manovrati“ – secondo l’accusa – dal ristoratore Massimo Sorrentino.

Sorrentino ieri si è visto infliggere 13,5 anni, quando in primo grado era stato condannato a 10 anni e 11 mesi. Per la Procura la pizzeria Tre Monelli di via don Vender (gestita dalla moglie, ndr), dove furono trovati due fucili, due pistole e un passamontagna, era un crocevia di affari loschi. Nel febbraio 2021 i giudici avevano imputato al ristoratore una serie di ricettazioni, traffici di droga, spendita di monete false e un incendio (reato nel quale era stata riqualificata una tentata estorsione) ma non due estorsioni né tantomeno l’aggravante del metodo mafioso.

La Corte invece, pur ribadendo l’infondatezza dell’aggravante di mafia sostenuta dal pm Paolo Savio pure in Appello, ha assolto Sorrentino dall’incendio ma gli ha addebitato le estorsioni da cui era stato assolto. "Già la prima sentenza era minata da vizi logici, questa poi è incomprensibile", dicono delusi gli avvocati Gianbattista Scalvi e Walter Mancuso. Condanna più pesante anche per l’amico del ristoratore, Marco Garofalo (condannato a 7,4 anni anziché a 6,4), più lieve invece per Dejan Nedeljvovic (6 anni anziché 9). Confermate le condanne per l’ex agente della polizia di Stato Enzo Origlia (7 anni per corruzione), Marco Bolentini (2 anni e 8 mesi), Alfredo Abrami (2 anni e mezzo) Giacomo Ferro (3 anni e 7 mesi), Antonio Garofalo (6 mesi).

B.Ras.