"Sapevamo che dopo Peschiera ci saremmo dovuti giustificare"

I giovani musulmani italiani: "Ogni volta c’è il rischio di criminalizzare tutte le seconde generazioni"

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Brescia - ​Quando l’annuncio del raduno “L’Africa a Peschiera del Garda“ è arrivato anche sui social di alcuni ragazzi bresciani che frequentano il centro culturale islamico di via Corsica, Izham Zulqarnan ha avuto subito il sentore che sarebbe potuto succedere qualcosa di spiacevole. "Subito ho pensato che se fosse accaduto qualcosa, poi ci sarebbero state polemiche su tutti gli immigrati. E infatti è stato così". Classe 1997, una laurea in architettura al Politecnico di Milano ed un master in corso alla Columbia University, Zulqarnan è l’attuale presidente della sezione bresciana dei Giovani Musulmani Italiani, che coinvolge oltre 200 ragazzi e ragazze da 14 a 30 anni, originari di Paesi diversi "Nasce da un’esigenza – racconta Zulqarnan – ovvero rappresentare una minoranza ben presente nella società, portando avanti l’identità religiosa. Abbiamo molte attività, tra cui eventi come Moschea aperta, che ha ricevuto il patrocinio anche della Commissione Europea".

Ora il timore è che i fatti di Peschiera, passati dalla cronaca al dibattito politico sull’immigrazione, possano avere ripercussioni anche su chi, con i giovani di Peschiera, condivide solo l’origine. "Mi spiace molto – spiega Nassima Dafir, studentessa – che ogni volta che succede qualcosa che coinvolge cittadini non italiani, poi sia chiesto alle rispettive comunità di prenderne le distanze". Ma dietro al raduno di Peschiera di giovani di origine Nord Africana, finito con aggressioni e vandalismi, si può leggere un disagio delle seconde generazioni? "Non possiamo parlare per quei ragazzi, ma credo sia interessante capire le ragioni profonde del loro gesto. Io, personalmente, faccio parte di questa società, mi trovo bene, ma non sempre mi sento di farne parte. Per me non è un problema essere italiano e pakistano, ma ci sono contesti in cui ci viene chiesto di sentirsi x o y".

Nel Bresciano, dove l’incidenza di immigrati è del 12%, non si può parlare di realtà conflittuale, ma sopravvivono stereotipi e discriminazioni che, soprattutto per i giovani, pesano come macigni. Non sono rari, ad esempio, casi di bullismo e razzismo all’interno delle scuole, situazioni spiacevoli come il rifiuto di affitti a non italiani. In città, lo stesso decentramento del Centro islamico è vissuto come una “marginalizzazione“ di questa realtà. Pesa, poi, la questione della cittadinanza. "Tanti ragazzi sono esclusi dai viaggi all’estero durante la scuola, oppure non possono fare i lavori per cui hanno studiato", sottolinea Dafir. E poi c’è anche la questione del linguaggio. "Trovo terribile l’uso della parola “straniero“: cosa abbiamo di “strano“?", chiede Zulqarnan.