Volontari uccisi in Bosnia. "Ergastolo a Paraga? Non basta, noi vogliamo la verità"

Brescia, i genitori di Sergio Lana sollevano i punti oscuri sull’eccidio

I genitori di Sergio Lana

I genitori di Sergio Lana

Brescia, 3 marzo 2017 - Per il gup Carlo Bianchetti che ieri lo ha condannato all’ergastolo è Hanefija Prjic, detto Paraga, il paramilitare bosniaco che al comando dei suoi soldati ha ordinato la strage di Gornij Vakuf del 29 maggio 1993 quando sui monti della Bosnia centrale vennero uccisi con raffiche di kalashnikov tre volontari italiani, due bresciani e un cremonese. A perdere la vita furono Sergio Lana, Fabio Moreni e Guido Puletti. I tre facevano parte di un convoglio umanitario a cui partecipavano altri due bresciani, Agostino Zanotti e Cristian Penocchio, che si salvarono fuggendo nei boschi.

"Paraga ha dato l’ordine, ma ancora non si conoscono gli esecutori materiali – hanno commentato i genitori di Sergio Lana dopo la sentenza – Ci sono ancora troppi punti oscuri in questa vicenda. Alcuni li ha sollevati proprio il legale di Paraga, l’avvocato Chantal Frigerio, quando ha ricostruito come è nata la missione". Dietro la consegna di aiuti alla popolazione bosniaca e al tentativo di far arrivare in Italia donne e bambini per farli fuggire dalla guerra altri motivi potrebbero avere portato a compiere quel viaggio in Bosnia. "Nostro figlio è morto in una missione umanitaria. Non vorremo che fosse stato ucciso per colpa dei secondi fini di qualcuno. Ci sono ancora tanti aspetti da chiarire. Paraga è colpevole, ma noi cerchiamo la verità", osservano i genitori di Lana prima di lasciare il tribunale. Agostino Zanotti è l’unico dei due sopravvissuti ad avere partecipato a tutte le udienze del processo celebrato con il rito abbreviato. "La condanna è stata emessa in nome del popolo italiano e quindi della Costituzione – osserva – La giustizia italiana riconosce alcune responsabilità sulla vicenda".

Paraga, in aula al momento della sentenza, si è sempre dichiarato innocente: "Non sono stato io a dare l’ordine", ha ripetuto durante il processo. "La condanna non è inattesa – osserva il legale del bosniaco – Attendiamo le motivazioni per fare l’appello". Molto più duro il commento di Almin Dautbegovic, l’avvocato bosniaco dell’imputato: "Si è commessa una grande ingiustizia. In Bosnia tutti sanno come è davvero andata. Per questa vicenda è già stato condannato in Bosnia e ha scontato l’intera pena. Da un paese europeo che conta mi aspettavo una giustizia diversa".