Agguato da Frank, viaggio alla Mandolossa: "Usura è parola sconosciuta, i pusher sono ancora qui"

I presunti assassini sono stati fermati, ora c’è da fare chiarezza sul movente che ha armato la mano di Muhammar Adnan, il pachistano che martedì scorso con la complicità dell’indiano Sarbjit Singh ha ucciso a colpi d’arma da fuoco Francesco Seramondi e la moglie Giovanna Ferrari di Paolo Cittadini FOTO - Agguato alla pizzeria 'Frank' - I funerali di Frank e Vanna - Arrestati i due killer - Lo scooter dell'agguato

Agguato in pizzeria Da Frank

Agguato in pizzeria Da Frank

Brescia, 20 agosto 2015 - I presunti assassini sono stati fermati, ora c’è da fare chiarezza sul movente che ha armato la mano di Muhammar Adnan, il pachistano che martedì scorso con la complicità dell’indiano Sarbjit Singh ha ucciso a colpi d’arma da fuoco Francesco Seramondi e la moglie Giovanna Ferrari. Per gli investigatori una delle piste da battere è quella dell’usura. Tanti, troppi i soldi in contanti trovati nella casa delle vittime e dei parenti. Alla Mandolossa tra quanti lavorano a pochi passi dalla pizzeria d’asporto teatro dell’esecuzione l’ipotesi usura lascia tutti spiazzati. «In pochi giorni si è sentito di tutto - osserva Stefano Vianelli, titolare di un negozio di biciclette aperto proprio davanti all’attività di Francescio Seramondi - Se inizialmente si diceva che i responsabili fossero persone legate allo spaccio, e poi si parlava dei problemi economici dell’attività ora si è accesa una luce diversa sulla vita di Frank. Non si sa davvero più cosa aspettarsi da una vicenda che ha parecchi punti oscuri». La pensa così anche Francesco Turra che gestisce un bar a due passi dall’incrocio dove l’1 luglio è stato ferito a colpi d’arma da fuoco Arben Corri, il dipendente albanese di Francesco Seramondi.

«Bisogna far lavorare chi sta indagando - osserva - Tutto è molto strano. Il venerdì prima dell’omicidio Giovanna Ferrari è stata qui da noi e ci raccontava delle difficoltà negli affari che avevano come però in questo periodo hanno gran parte delle attività commerciali. Poi saltano fuori centinaia di migliaia di euro in contanti. Difficile farsi un’idea». Episodi che facciano pensare a estorsioni in zona non ci sono mai stati. «Non son cosa possano dire le altre attività - spiega Roberta Quinzani - Noi problemi non ne abbiamo mai avuti. Questa zona è difficile sì, ma usura è una parola che non abbiamo mai sentito». Nelle ore immediatamente successive al duplice omicidio la prefettura aveva preannunciato una campagna di contrasto alla criminalità tra via Milano e via Vallecamonica. Qualcosa è cambiato in questi 8 giorni? «Nulla - sottolinea Valentina De Rosa - gli spacciatori ci sono ancora e tutto è rimasto come prima. Sono 8 anni che è così e nemmeno quello che è accaduto qui vicino ha cambiato le cose. La gentaglia che c’era prima continua a fare i suoi traffici. Se poi si comincia a sentir parlare di usura allora c’è davvero da spaventarsi». Le fa eco anche Antonio Carfagna. «Domenica sera gli spacciatori c’erano - racconta - Si sa cosa accade in questi piazzali ormai da anni. L’unica cosa che è cambiata negli ultimi tempi è l’orario in cui iniziano a vendere droga. Fino a qualche mese fa già alle 17 apriva il bazar, ora i primi spacciatori cominciano ad arrivare dopo le 22». Qualche pattuglia in più si è vista. «Certo il movimento di forze dell’ordine è cresciuto - spiega Mohamed Aboueid - Credo che però sia dovuto alle indagini sull’omicidio di Frank e della moglie».  Per qualcuno però la pressione sul territorio presto verrà alleggerita «Ma durerà poco - osservano Francesco Turra e Roberta Quinzani - Ancora qualche giorno poi tutto tornerà come prima. Sono le stesse forze dell’ordine a essere sfiduciate. Magari arrestano uno spacciatore, poi la sera dopo lo rivedono fare la stessa cosa perché un magistrato lo ha rimesso in libertà. Così non può funzionare». Stefano Vianelli ricorda invece come i controlli in zona ci siano sempre stare. «Pattuglie ci sono sempre state - ricorda - Ma non hanno dato i risultati auspicati».