Omicidio di Erbusco, ucciso con 80 coltellate: confermata pena per Giulia Taesi

La sentenza della Corte d'Appello

L’auto in cui si è consumato l’omicidio

L’auto in cui si è consumato l’omicidio

Brescia, 15 settembre 2018 - Confermati anche al termine del processo di secondo grado i 16 anni di reclusione inflitti a Giulia Taesi, la 24enne bresciana che il 12 aprile dei due anni fa insieme al fidanzato Manuel Rossi (condannato a 17 anni di carcere dopo due gradi di giudizio) uccisero nelle campagne di Erbusco con una ottantina di coltellate il 49enne spacciatore tunisino Riadh Belkhala con cui avevano un debito di mille euro per della droga che il nordafricano gli aveva venduto nei mesi precedenti.

La corte d’Assise e d’Appello di Brescia dopo circa 4 ore di camera di consiglio ha respinto il ricorso della difesa della ragazza che sta scontando la pena nel carcere di Verziano. La procura generale aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado, emessa nell’ottobre di un anno fa dal giudice Anna Di Martino al termine del processo celebrato con il rito abbreviato, sostenendo che la ragazza pur non avendo colpito a morte il tunisino ha partecipato attivamente al delitto attirando «in trappola» con una serie di sms la vittima.

«Riadh Belkhala non era arrivato armato perché era abituato a spacciare a credito - ha sostenuto il sostituto procuratore generale Cristina Bertotti – Credeva inoltre che i due ragazzi avrebbero saldato il loro debito così come gli avevano fatto sapere qualche ora prima del delitto con una serie di sms». La difesa della giovane, che ha chiesto l’inutilizzabilità di alcune intercettazioni, ha invece chiesto l’assoluzione o in subordine che le venissero riconosciute le attenuanti. «In questo modo – ha sostenuto la difesa della ragazza – le verrebbe permesso un reinserimento sociale. Giulia da quando è entrata in carcere ha iniziato un percorso che l’ha portata a disintossicarsi dagli stupefacenti di cui era dipendente così come era dipendente di Manuel Rossi». La corte presieduta dal giudice Giulio Deantoni ha respinto però il ricorso limitandosi esclusivamente a ridurre la portata delle spese legali da saldare alle tre parti civili ammesse al processo: la moglie, la figlia e la sorella di  Riadh Belkhala.