Omicidio di Erbusco, la scientifica: "Belkahla non l’ha ucciso Manuel"

I rilievi smentiscono la versione del ragazzo e incastrano la fidanzata Giulia Taesi

Il ritrovamento del corpo del tunisino

Il ritrovamento del corpo del tunisino

Brescia, 15 settembre - In aula è arrivata, accompagnata dagli agenti di polizia Penitenziaria che l’hanno scortata a palazzo di Giustizia, vestita completamente di nero. Davanti alla corte, almeno in questa prima udienza, non ha voluto dire nulla. Forse rilascerà dichiarazioni spontanee il prossimo 24 ottobre quando davanti alla corte d’Assise si concluderà il processo (si celebrerà con il rito abbreviato condizionato all’ascolto di una intercettazone ambientale) nei suoi confronti. Giulia Taesi, 22 anni di Adro, è accusata di avere ucciso in concorso con il suo fidanzato Manuel Rossi (lui davanti al gup è stato condannato a 17 anni di reclusuione) il 48enne tunisino Riadh Belkahla con cui i due ragazzi avevano un debito di 2mila euro per una partita di marijuana non pagata. Quella sera del 12 aprile del 2016 Riadh Belkahla venne ucciso con 81 coltellate mentre a bordo della sua Mercedes si trovava in compagnia dei due ragazzi nella campagna di Erbusco.

Manuel Rossi e Giulia Taesi vennero fermati sette giorni dopo il delitto. Il ragazzo ha sempre raccontato di essere lui l’esecutore materiale del delitto. Per la Procura così non è stato. A infierire sul 48enne tunisino per il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani è stata proprio la 22enne. A confermarlo ci sarebbe la ricostruzione fatta dalla Scientifica dei carabinieri di Brescia. "Il sedile passeggero anteriore non ha tracce di sangue e questo vuol dire che al momento delle coltellate qualcuno, Giulia Taesi, era seduta lì – ha ricordato in aula il luogotenente dell’Arma che si è occupato dei rilievi –. Le ferite e gli schizzi di sangue trovati all’interno dell’auto teatro dell’omicidio ci dicono che i fendenti sono arrivati da chi sedeva a fianco della vittima. Chi era seduto sul sedile posteriore (Manuel Rossi) non poteva infliggere quelle coltellate. Al massimo può avere tenuto fermo Riadh Belkahla mentre veniva colpito".

Una ricostruzione che metterebbe nei guai la 22enne che da quando è detenuta ha iniziato un percorso psicologico e di recupero dalla tossicodepiendenza, come hanno ricordato i suoi legali depositando alla corte una relazione redatta in carcere. Per la Procura i due fidanzati si erano recati all’appuntamento già armati del coltello. Questo dimostrerebbe la premeditazione. Per la difesa così non è stato e per questo chiedono che venga ascoltata una intercettazione in cui si parlava delle minacce che Riadh Belkahla avrebbe ricevuto da chi lo riforniva di cocaina costringendolo quindi a muoversi armato.