Marcheno, omicidio Bozzoli. Parla l’imputato: "Zio Mario? Solo rispetto"

In aula il trentaseienne accusato di aver ucciso l’imprenditore in fonderia: "Le accuse? Tutte bugie: sono innocente"

Giacomo Bozzoli

Giacomo Bozzoli

Brescia, 10 dicembre 2021 - «Lei è pronto, Giacomo? È venuto il suo momento, che ha tanto aspettato". Giacomo Bozzoli è pronto a raccogliere l’invito cortese del presidente Roberto Spanò e annuncia: "Dirò tutta la verità. Sono innocente". La Corte d’Assise di Brescia processa il trentaseienne Giacomo per l’omicidio premeditato dello zio Mario e la distruzione del cadavere, la sera dell’8 ottobre del 2015, a Marcheno, nella fonderia di famiglia. Per tre ore, il figlio di Adelio Bozzoli, fratello maggiore di Mario, risponde ai pubblici ministeri, alla parte civile, alla difesa. Sicuro di sé. Tenace nel rintuzzare le accuse che si affastellano su di lui, quanto pronto ad adombrarne, sottilmente, in altre direzioni. I rapporti con lo zio.

«Rispetto e gratitudine. Nessuno mi ha visto litigare con lui. Mi ha insegnato a lavorare. Era un continuo imparare. La sua parola era legge". L’ex fidanzata Jessica Gambarini sostiene che Giacomo abbia manifestato più volte l’odio per lo zio e il proposito di eliminarlo, al punto da tentare di coinvolgerla in un piano. Il giovane Bozzoli contrattacca: "Non ho mai parlato a Jessica di mio zio Mario. L’ho lasciata una settimana dopo una vacanza in Egitto perché lei non era interessata a me ma solo alla mia ricchezza". In quella circostanza (lo dichiara per la prima volta) Jessica avrebbe minacciato di "fargliela pagare".

Irene Zubani, moglie di Mario, ha presentato ai carabinieri una denuncia di scomparsa che è un atto d’accusa nei confronti dell’altro ramo dei Bozzoli. "Ignobile e vergognosa. Non me la so spiegare". Le telecamere spostate. "Mio zio aveva detto di averle girato perché sospettava che gli operai commettessero dei furti". Giacomo è il primo a dichiarare in aula che i rapporti fra Mario Bozzoli e i dipendenti erano pessimi. Per sostenerlo, evoca la figura di un morto (Giuseppe Ghirardini, trovato con una “ghianda“ di cianuro nello stomaco) e dell’operaio senegalese Thiam Mbaye, tornato in patria da sei anni.

La serata in cui Mario Bozzoli si smaterializza. La ricostruzione dell’imputato, dalle 18.05 alle 19.33, è minuziosa al punto che il presidente chiede perché non l’abbia prospettata nell’immediato. Ha visto lo zio attorno alle 19, alla guida di un muletto. Alle 19.19, secondo la difesa, una telecamera riprende Mario ancora sul muletto. L’accusa ribatte che non era affatto l’imprenditore ma un autista. Giacomo in quei minuti si spostava fra la sua auto, la pesa, una ruspa dove dice di avere dimenticato il cellulare, gli uffici. "Spiegatemi come ho fatto ad aggredirlo se ero da un’altra parte".

Un punto cruciale: il ritorno dell’imputato in fabbrica alle 19.43, dieci minuti dopo esserne uscito. Ha discusso con Alex per indicargli la produzione del Bral commerciale (lega bronzo e alluminio). La risposta del fratello è stata negativa: se si fosse proposto un prodotto non ancora disponibile, si sarebbe fatta un figura da "cioccolatai". Giacomo è partito verso casa. Poco convinto della decisione di Alex, l’ha chiamato senza ottenere risposta. Alla rotonda di Gardone ha fatto inversione per tornare a Marcheno. Quando tutto questo? Giacomo Bozzoli ribadisce: ha fatto rientro in fabbrica dopo che il fratello non aveva risposto. Opposta la versione dell’accusa, fondata su una prova in strada cronometrata: Giacomo ha girato l’auto ancora prima di telefonare. Perché?