Omicidio di Daniela Bani: "Una morte annunciata"

Così il presidente della prima sezione penale del tribunale di Brescia nelle motivazioni della sentenza la corte d'Assise ha condannato a 30 anni di carcere il marito della vittima

Il tunisino Mootz Chaanbi

Il tunisino Mootz Chaanbi

Brescia, 19 settembre 2017 - «Il decesso di Daniela Bani costituisce in qualche misura “La cronaca di una morte annunciata”». Così il presidente della prima sezione penale del tribunale di Brescia, Roberto Spanò, scrive nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 26 giugno la corte d'Assise ha condannato a 30 anni di carcere il tunisino Mootaz Chaanbi per avere ucciso il 22 settembre del 2014 con 37 coltellate alla schiena, alla gola e al petto la moglie Daniela Bani. Il 36enne tunisino dopo l'omicidio aveva preso un aereo ed era volato in Tunisia dove è ancora latitante e da dove via Facebook ancora è in contatto con alcuni conoscenti italiani e chiede dei due figli avuti con Daniela Bani.

A scatenare la violenza del tunisino contro la moglie per la corte è stata, come si legge nelle 35 pagine delle motivazioni depositate la scorsa settimana :« La prostrazione provata dall'uomo a fronte della prospettiva, divenuta assai concreta, dell'imminente sgretolamento della famiglia, da lui attribuito – a ragione o a torto – alla presunta infedeltà della moglie». Daniela Bani da qualche tempo aveva infatti conosciuto una persona, un kosovaro, attraverso un annuncio di lavoro come collaboratrice domestica. Daniele e il kosovaro si erano incontrati ed era nata una amicizia. «Mi ha fatto cornuto – scriveva pieno di livore su Facebook Chaanbi dalla Tunisia il 13 ottobre del 2014, pochi giorni dopo il delitto – Lei in 24 ore voleva buttarmi fuori di casa».

La mattina dell'omicidio Daniela era rimasta a parlare al telefono con l'amico kosovaro per quasi 20 minuti. Il marito, furibondo, aveva afferrato un coltello da cucina e, dopo avere alzato il volume del televisore per evitare che il figlio impegnato con i videogames si potesse accorgere di quello che stava per accadere, era entrato in camera da letto colpendo la moglie ripetutamente. «Anche nelle conversazione successive al delitto l'imputato ha sempre cercato di giustificare il proprio comportamento e, al contempo, esplicitato propositi vendicativi nei confronti dell'amico kosovaro della moglie» Per la corte il 36enne non ha perso la testa.

A confermarlo ci sarebbero i comportamenti mantenuti dopo il delitto: «In netto contrasto con l'ipotesi di un momentaneo obnubilamento della ragione». Per la corte il tunisino :«Si è dimostrato pienamente lucido tanto da avere elaborato e posto in essere un complesso disegno finalizzato a procurargli l'esenzione della pena». Nelle motivazioni il piano viene ripercorso pezzo per pezzo. «Ha contattato l'agenzia viaggi per programmare la fuga in Tunisia – scrive il giudice – Si è recato a scuola a ritirare il figlio minore che ha affidato insieme al maggiore a un conoscente a cui ha fornito indicazioni per evitare che il cadavere venisse scoperto prematuramente, ha ritirato il denaro in banca; dopo avere raggiunto l'aeroporto di Orio ala Serio (lì non c'erano più voli per la Tunisia) si è diretto in taxi (pagando 170 euro di corsa) a quello di Malpensa per far disperdere le proprie tracce».