Brescia, movida violenta al Carmine: "No alla sola repressione"

Nella zona di via Porta Pile imperversa un gruppo di giovani “appassionati” di musica tecno, che ha addirittura improvvisato un “rave party” notturno

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Un tavolo di confronto con tutti gli attori che possono affrontare le varie “anime” della movida al Carmine. La proposta del Consiglio di quartiere Centro storico Nord è stata formalizzata al Comune ed alla Questura di Brescia lunedì, ma il presidente Francesco Catalano ci sta lavorando da settembre, quando, in una riunione del Consiglio, è emersa l’idea di riunire forze dell’ordine, assessorati del Comune (Servizi sociali, Politiche giovanili, Verde), ma anche enti del terzo settore ed esperti (già raccolta la disponibilità di Carlo Alberto Romano, professore di Criminologia dell’Università degli studi di Brescia), per affrontare un fenomeno che è complesso. La missiva è partita lunedì, a seguito del confronto e dopo le polemiche sollevate da alcuni residenti esasperati dagli schiamazzi notturni e dai comportamenti incivili oltre che da veri e propri reati (spaccio), che si sono riuniti lunedì sera (senza invitare il Cdq).

«Capisco le critiche dei residenti – sottolinea Catalano – ma non condivido né il modo, ovvero fare polemica fine a se stessa, né l’obiettivo". C’è infatti chi dice che la recente pedonalizzazione del Carmine abbia peggiorato la situazione. "Ma le situazioni più critiche si registrano in zone dove la auto passano", evidenzia Catalano. La geografia della (mala) movida vede, infatti, almeno due punti critici: la zona di via Porta Pile, dove imperversa un gruppetto di giovani “appassionati” di musica tecno, che, solo per citare il caso più eclatante, un paio di settimane ha addirittura improvvisato un “rave party” notturno, con musica ad alto volume alle 5 del mattino, che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine.

Davanti alle scuole di via Nino Bixia, invece, si registra la presenza di un gruppetto di “provocatori”, che usano qualunque pretesto per attaccar briga. Casi estremi che si innestano sui comportamenti maleducati diffusi, invece, tra i frequentatori della movida, che sostano fuori dai locali. Gli esercenti, in questi anni, hanno fatto la loro parte: c’è chi si è autolimitato l’orario di apertura, chi si impegna a scoraggiare atti incivili. "Pensare di risolvere il problema solo con la repressione non funziona – evidenzia Catalano – serve assolutamente, ma non è sufficiente. Bisogna mettere in campo un’azione più strutturale, che metta insieme i vari pezzi".