Brescia, morto a 13 anni: 5 medici a processo

Il ragazzino vomitava sangue: i genitori depongono in Tribunale

Il tribunale di Brescia

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Brescia, 21 settembre 2019 - Muore vomitando sangue a soli 13 anni cinque giorni dopo essere stato ricoverato e dimesso con una diagnosi sbagliata. È la storia di Alessandro Barbieri, studente dell’Itis Cerebotani di Lonato, deceduto il 30 settembre 2015 per una crisi emorragica avuta a casa sua, a Medole. Per i medici dell’ospedale di Desenzano il ragazzino, giocatore di basket e fino a quel momento sano, aveva perso sangue per «una flogosi delle alte vie aeree», un’infiammazione curabile con un antibiotico.

Per il consulente della famiglia, invece, che ha dato battaglia ed è riuscita a non fare archiviare il caso, Alessandro aveva gravi problemi gastrointestinali mai rilevati. Nemmeno dall’autopsia, che fu eseguita solo sui polmoni. Risultato: imputazione coatta per i cinque medici che lo trattarono. Le pediatre Maria Andaloro e Luisa Scalora, il radiologo Enrico Moriconi, la pneumologa Olivia Elesbani e l’otorinolaringoiatra Alessandra Bottari.

Tutti accusati di omicidio colposo per aver «effettuato una diagnosi errata», sottoposto il paziente solo a laringoscopia e tracheoscopia, esami ematici e visita pneumologica, non svolgendo invece accertamenti sull’apparato digerente, e averlo «imprudentemente dimesso». 

Ieri in aula i primi testi dell’accusa. Tra cui la madre e il padre. «Mio figlio la mattina del 30 settembre era tornato a scuola dopo il ricovero del 22, stava bene – ricorda Lucia Bignotti – Non aveva raffreddore né tosse, né febbre. Alle 15 è andato in cortile con il cane. Di colpo mi ha chiamato urlando, gli usciva sangue dalla bocca tipo rubinetto aperto. Due vicini sono accorsi per le grida, hanno cercato di rianimarlo, ma era già incosciente». Non si riprese più. Il 22 settembre a scuola, il primo malore. «Mi chiamò spaventato: salendo le scale aveva sentito qualcosa salirgli dal basso, entrò in classe ma poco dopo corse in bagno, vomitava sangue scuro come fondi di caffè», riferisce il padre Roberto. Portato in prontosoccorso a Desenzano, fu trattenuto per accertamenti. Poi la dimissione: «Dissero che non c’era nulla di anomalo. Poteva essere un principio di polmonite».