Gottolengo, bimba morta per un'otite: l'antibiotico negato tre volte

La bisnonna racconta il calvario e la forza della bimba morta di otite dopo un mese di dolori e febbre: "Resisteva e voleva andare all’asilo". Sotto inchiesta le scelte di 10 medici

L'ospedale di Brescia

L'ospedale di Brescia

Gottolengo (Brescia), 8 aprile 2018 - Da un mese Nicole aveva mal di testa e non c’era verso di farle passare il dolore, alla nuca e all’orecchio. Quattro anni, occhi vivaci e una codina bionda che ondeggiava al ritmo delle corse in bicicletta. «Le legavamo spesso i capelli, allora quando piangeva le toglievo l’elastico. Sarà quello?, mi chiedevo. Ma il male tornava. Andavamo avanti a goccine». Maria, la bisnonna paterna della piccola che è morta giovedì all’ospedale Civile di Brescia per un’otite degenerata e ha donato il fegato e i reni, non ce la fa a parlare senza farsi salire un groppo in gola. «È una cosa troppo grande», dice. Ripensa al calvario dei genitori, il nipote Mattia Zacco, operaio di 33 anni e la moglie Alessandra, di 27. Da un anno e mezzo la famiglia vive in una villetta azzurra in un quartiere a misura di bambino, tra le campagne di Gottolengo, 5.400 anime nella Bassa bresciana. Sul campanello c’è il nome di Nicole. Sulla porta, uno gnomo che ride.

Un mese carico di preoccupazione, di andirivieni tra pediatri e ospedali, senza ricavarne una cura risolutiva. Per un’otite che, forse – a dirlo sarà la magistratura, il pm di Brescia Claudia Moregola ha avviato un’inchiesta per omicidio colposo, pronto a valutare il comportamento di una decina di medici – poteva essere trattata diversamente. «Per due volte la mamma l’ha portata dal pediatra e la risposta era sempre “niente antibiotico, ai bimbi non si dà”. Solo goccine. La terza volta il papà si è arrabbiato, ma di nuovo niente antibiotico». Nicole, nonostante il dolore e una febbricola persistente, resisteva. Continuava ad andare all’asilo. «Era vispa, teneva il passo con i tre cuginetti più grandi con cui giocava qui dai noi, nella piscinetta in giardino - racconta lo zio Marco – È come fosse figlia mia».

In ansia per quel malessere persistente della figlia, Alessandra e Mattia qualche giorno prima di Pasqua bussano al pronto soccorso di Manerbio. Ma anche qui, nulla di grave viene riscontrato. Sabato 31 marzo la corsa alla Poliambulanza a Brescia. Nicole non viene ricoverata, solo invitata a recarsi al Civile in caso di peggioramenti. E quando la sera al Civile ci arriva, la Tac accerta un allarmante ascesso dovuto a un’infezione. A Pasqua la piccola è sottoposta a un intervento chirurgico di 4 ore. Sembra andato bene. Ma non è così. «Mercoledì i medici hanno detto ai genitori che era spacciata – spiega l’avvocato Walter Ventura, che li segue – Sono stati tutta notte con lei, che cantava canzoncine. Giovedì è morta. Padre e madre sono stravolti. Ora il loro obiettivo ora è portare a casa Nicole. L’idea è procedere con l’autopsia lunedì o martedì, svolgere in contemporanea la perizia e dissequestrare la salma subito». Ieri mattina all’obitorio la bara è stata chiusa e messa a disposizione della magistratura.

«Aveva ancora il suo faccino sorridente – dice il parroco don Arturo Balduzzi, che ha incaricato i giovani dell’oratorio di scrivere biglietti per i familiari – Mamma e paprà annichiliti, ma non mostrano risentimento. Certo vogliono capire che cosa è successo. Non è possibile che una bimba stia male per un mese e nessun medico sia andato a fondo». Il caso ha spinto il ministro della Salute a spedire a Brescia una task force. In paese, intanto, è scattata una gara di solidarietà. I vicini di casa degli Zacco hanno promosso una raccolta fondi per comprare fiori e sostenerli nelle spese.